Il fatto che i profili di Donald Trump siano stati bloccati dalle principali piattaforme social media sta facendo molto discutere e ha acceso un dibattito pubblico molto interessante sulla necessità o meno di una regolamentazione della materia. Ne hanno parlato oggi, nel corso di una diretta social, Valentina Petrini (autrice di Non chiamatele fake news – ed. Chiarelettere) e Peter Gomez: “Un conto è la sospensione degli account di Trump, viva Dio, sono arrivati anche troppo tardi – ha detto Valentina Petrini -. Solo su twitter ha oltre 86 milioni di follower. Già molto prima che questi account venissero sospesi sono stati utilizzati in maniera spregiudicata per la ricerca del consenso, per la manipolazione e l’istigazione delle masse. Non solo, se io o Peter avessimo scritto e usato i nostri social per diffondere lo 0,1% delle cose diffuse da Trump saremmo stati bloccati molto prima. Fino ad oggi è esistito un doppio binario tra l’uomo della strada e il leader politico. I politici sono stati esentati dal fact checking dei contenuti e a loro è stato attribuita un’eccezione per i temi che creano dibattito. Con la sospensione degli account di Trump in realtà si è colmata una diseguaglianza enorme tra la persona comune e il leader politico”.

Secondo il direttore de ilfattoquotidiano.it, il tema centrale è la regolamentazione: “Il primo problema è che Facebook e Twitter ci hanno raccontato per anni che non sono degli editori. Se non lo sono a questo punto non si vede perché davvero anche l’account pedofilo lo debbano cancellare, questo è un paradosso. Allora diciamolo in un’altra maniera: è vero che ci vuole una regolamentazione. Ma possiamo davvero sostenere che il giudice sia scelto dal proprietario della piattaforma? Se invece intendiamo i social come le televisioni che fanno servizio pubblico, hanno un garante, sono convinto che dobbiamo arrivare a un ente terzo che possa intervenire in maniera celere. Insomma deve essere un tribunale internazionale di non so cosa che decide se Trump, Casapound o le Sardine possono o no stare sul loro social. Svolgono un servizio pubblico e serve una regolamentazione pubblica”.

Articolo Precedente

A Non è l’arena di Massimo Giletti si processano le vittime di stupro: uno spettacolo indegno

next
Articolo Successivo

Giro di direttori nel gruppo Gedi: Brancoli dal Tirreno alle testate venete. Monestier guiderà anche il Piccolo, redattori in sciopero

next