Via libera a sforbiciare i confini dei parchi, in quindici giorni e con il silenzio-assenso. È il diavolo nascosto nei dettagli della legge di bilancio ligure: o meglio, nell’emendamento unico alle disposizioni collegate alla manovra, tutto dedicato – anche se il nesso sfugge – a rivedere la normativa regionale sulle aree protette. Un insieme di previsioni già ribattezzato dalle sigle ambientaliste “il nuovo sfascia-parchi”, in riferimento alla legge regionale (poi bocciata dalla Consulta) con cui nel 2019 il governatore Toti tentò di ridimensionare l’estensione dei quattro maggiori parchi liguri. Impresa fallita, ma pronta a essere ritentata: tra le pieghe del testo, al comma 6, la giunta ha infatti inserito due novità per snellire il procedimento di modifica dei confini. La prima è che gli enti locali interessati da una proposta di modifica delle aree protette si dovranno esprimere sul merito entro due settimane, anche se la legge quadro statale in materia non prevede alcun limite temporale. E se il parere non arriva? Basta prenderlo per un sì: “Ove non vi sia espressione ovvero comunicazione del parere, lo stesso si intende acquisito in senso favorevole”, recita il testo.

A svelare il blitz una denuncia congiunta di Angelo Bonelli (coordinatore nazionale dei Verdi) e Danilo Bruno (responsabile parchi di Europa Verde Liguria). “È una norma che viola almeno due leggi fondamentali del nostro ordinamento”, spiega Bonelli a ilfattoquotidiano.it. “Una è la legge quadro sulle aree protette, valida per tutte le Regioni, che impone la consultazione obbligatoria di comuni, province e comunità montane per la ridefinizione dei confini. L’altra, la più importante, è la legge sul procedimento amministrativo, la 241 del 1990, che esclude esplicitamente il silenzio-assenso per i pareri in materia ambientale e paesaggistica, come ribadito da numerose sentenze della Corte costituzionale. Quella della giunta ligure è un’iniziativa vergognosa, uno stratagemma per lasciarsi le mani libere e ridisegnare in modo semplice e veloce le aree sottoposte a tutela”. A che scopo? “Lo vedremo presto, perché una fretta simile non è casuale. Il sospetto è che sia l’anticamera di iniziative per cui non si vogliono rotture di scatole”, dice.

Con la “sfascia-parchi”, Toti e l’allora assessore leghista all’Ambiente Stefano Mai avevano sottratto 540 ettari alle riserve dell’Aveto, dell’Antola, del Beigua e delle Alpi Liguri, e revocato la classificazione di area protetta a 42 territori nel Savonese, per un totale di 22mila ettari. Contro il provvedimento si erano schierati opposizioni, ambientalisti e studiosi, preoccupati da un nuovo allentamento dei vincoli ambientali in un territorio già funestato da edilizia selvaggia e dissesto idrogeologico. La legge, impugnata dal governo per violazione della competenza statale in materia ambientale, è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale a luglio 2020: il motivo è proprio la mancata consultazione degli enti locali, imposta da quella legge-quadro nazionale (la 394 del 1991) che la nuova norma di Toti vorrebbe aggirare. Per questo il timore di un nuovo, imminente assalto ai parchi preoccupa i Verdi, che sono pronti a chiedere al governo – con un ricorso formale – di sollevare una nuova questione di costituzionalità. “L’obiettivo è arrivare, come per la sfascia-parchi, a una pronuncia di illegittimità per violazione dell’articolo 117 della Costituzione”, che assegna allo Stato la potestà esclusiva sulla “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”.

Non solo, ma gli ambientalisti contestano altri passaggi dell’emendamento unico, definito nel complesso “un’operazione funzionale a restringere ulteriormente i confini dei parchi”. In una nota congiunta, Legambiente, Italia Nostra, Cai, Lipu e Wwf attaccano in particolare la scelta di depotenziare gli Enti parco, “sottraendo personale che verrebbe distaccato dalle dipendenze dirette dei parchi a quelle della Regione, senza la garanzia che il personale stesso rimanga a occuparsi di aree protette. Il pretesto di questa novità – scrivono – è la razionalizzazione delle spese, ma in uno dei commi approvato si fa esplicito riferimento alla volontà di ‘costituire un omogeneo e unitario assetto organizzativo performante’ riunendo uffici, servizi e funzioni”, cioè “l’Ente Parco unico per la Liguria”. Criticata anche l’istituzione della “Conferenza dei sindaci dell’area protetta”, organismo “di cui non si comprende l’utilità, valutato che esiste già la Comunità del Parco dove sono rappresentati gli enti locali territoriali, e che svolgerebbe attività consultive per la ridefinizione dei confini. Ci chiediamo – concludono – quale sia il senso di questa operazione, se non quello di accontentare interessi sul territorio che poco hanno a che vedere con la capacità organizzativa e funzionale alla promozione delle aree protette che gli enti parco dovrebbero continuare a svolgere”.

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