“Era un violentatore seriale“. Con queste parole Claudia (nome di fantasia) ha descritto Alberto Genovese, l’imprenditore arrestato un mese fa con l’accusa di aver drogato e violentato una modella di 18 anni nella sua casa nel centro di Milano. La ragazza, 28 anni, è la terza testimone ad accusare Genovese di molestie sessuali. A Ore 14, il programma condotto da Milo Infante su Rai 2, ha raccontato un episodio di cui è stata vittima quest’estate a Ibiza, a villa Lolita, la casa dell’imprenditore sull’isola. Secondo il racconto della ragazza Genovese ha tentato di violentarla mentre era presente la sua fidanzata, una 24enne che ora risulta indagata: il procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella e il pm Rosaria Stagnaro stanno raccogliendo elementi su altre presunte violenze commesse dall’uomo. Ibiza e villa Lolita sono lo stesso contesto in cui è stata violentata un’altra giovane 23enne, la seconda testimone che ha denunciato Genovese. La parole di Claudia, che finora non aveva ancora parlato agli investigatori, si sovrappongono in molti passaggi al racconto delle altre due vittime, fino a descrivere un vero modus operandi: la festa con tante persone, i “piatti di droga messi a disposizione come in un open bar”, Genovese che “punta una preda tra le belle ragazze” e a fine serata la conduce nella sua “camera da letto”. Poi la porta “si chiude a chiave” e “iniziano le violenze“.

“Sono stata a cinque feste a villa Lolita, la casa di Genovese a Ibiza, durante tutto luglio. Alla prima sono stata invitata da un amico, poi ho conosciuto altre persone e ho iniziato a frequentarle autonomamente”. Claudia ha raccontato di non aver mai trattato con Genovese durante le prime quattro feste: “Non conoscevo il padrone di casa, non ci avevano mai presentato. Solo all’ultima festa ci siamo parlati e purtroppo ho avuto a che fare con lui”. La quinta festa è quella in cui Claudia racconta di essere stata molestata dall’imprenditore.

Ai microfoni di Ore 14 la ragazza racconta come si svolgevano le feste: “La villa si componeva di cinque, sei case tutte insieme nello stesso comprensorio, molto belle, con le piscine. C’era un angolo per tutto: l’angolo con la musica, quello dello chef, l’open bar e anche l’angolo della droga“. Oltre ai famosi “piatti da portata” su cui veniva offerta la droga agli ospiti, la 28enne racconta di aver visto anche un vero e proprio bar dove ognuno poteva “ordinare” la sostanza stupefacente che intendeva assumere. “Io non faccio uso di droghe. Ma molti lì lo facevano e qualcuno mi ha anche fatto pressioni per convincermi a provare, ma ho rifiutato”. Claudia spiega che vive da 7 anni a Ibiza, ha sempre lavorato a contatto col pubblico e col “popolo della notte” e a queste cose è abituata: “Ho imparato a difendermi. Anche per questo sono riuscita a scappare da Genovese quando ha provato a stuprarmi”. Ma, sottolinea, la droga non può essere una scusante: “Non vedo come una ragazza che faccia uso di sostanze stupefacenti meriti di essere stuprata in quel modo”, ha detto riferendosi alla 18enne di Milano.

Succede tutto durante l’ultima festa, quando Claudia si presenta a villa Lolita con Alessio, un amico di Genovese. L’imprenditore la accoglie come se fosse un amica di vecchia data. “Non mi aveva mai parlato, invece quella sera sembrava ci conoscessimo da una vita: abbracci, strette di mano, complimenti. Non capivo il suo comportamento: sono riuscita a capire che faceva parte del suo piano per violentarmi solo dopo, con lucidità. In quel momento mi aveva puntato, ero la sua preda“. Alla fine della serata, quasi all’alba, si ritrovano in pochi. Genovese convince Claudia e Alessio a seguire lui e la sua compagna in una stanza da letto. Qui il 43enne continua ad assumere droga e diventa sempre più “insistente e pressante”. A un certo punto Alessio lascia la stanza e Genovese chiude la porta a chiave.

“Lì ho capito che le cose si stavano mettendo male. Lui insisteva per ballare con me, ma era una semi-lotta: mi toccava e mi palpeggiava, ha iniziato a spogliarmi contro la mia volontà. Ho chiesto alla sua fidanzata di aiutarmi, di dirgli di smetterla, ma lei assisteva”. Genovese prova anche a far assumere droga alla 28enne, ma lei rifiuta. “Ho pensato: da qui ne esco male. Ero terrorizzata, non sapevo cosa fare: avevo paura di farlo arrabbiare, avevo paura di reagire”. Con una scusa riesce ad andare in bagno e a mandare un sms in cui chiede aiuto, ma Genovese la scopre e la butta fuori dalla stanza, semi svestita, senza borsa e senza scarpe.

“Quando ho raccontato che Genovese aveva appena tentato di violentarmi, mi è stato risposto ‘non se ne sarà accorto, è confuso, è drogato’. Ma io so che era ben premeditato. Non voglio che si dica che la droga lo abba confuso o che la fidanzata non sapesse: è un copione che mette in scena, lui è un violentatore seriale. Io l’ho guardato bene in faccia e negli occhi e ho letto le sue intenzioni”. Claudia spiega che ha trovato il coraggio di denunciare quanto le è accaduto solo ora: “Mi sono vergognata e ho avuto paura. Lui è molto potente. Ma ora ho capito che è importante parlarne: persone così non dovrebbero esistere“.

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