Con le nuove norme Ue per il digitale in arrivo, le grandi società internet, le cosiddette Big Tech dovranno “cambiare alcun cose” e rispettare ciò che “è importante per l’Ue”. Lo ha detto il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, anticipando i contenuti del pacchetto che la Commissione Ue presenterà il 9 dicembre.
Nel caso di violazioni e di abuso di posizione dominante sul mercato, alle grandi piattaforme saranno imposte sanzioni, che andranno dalle “multe” fino alla “separazione strutturale” dei servizi “in circostanze estreme”. “Ci saranno sanzioni proporzionate” che culminano nella possibilità per Bruxelles di “imporre separazioni strutturali” per contrastare la posizione dominante delle Big Tech sul mercato, ha sottolineato Breton, aggiungendo che “per avere una buona regolamentazione è necessario disporre di misure credibili e proporzionate”, ha detto Breton.

Il pacchetto europeo di nuove norme riguarderà appunto le pratiche concorrenziali, non sempre corrette, messe in campo da soggetti che godono di un immenso potere di mercato. Recentemente l’Antitrust europeo ha avviato un procedimento contro Amazon per l’utilizzo delle informazioni delle Pmi che vendono attraverso la sua piattaforma, altri procedimenti sono in corso nei confronti di Google. Ieri anche la Gran Bretagna ha annunciato “misure di contenimento” dello strapotere dei colossi web. Londra predisporrà una struttura ad hoc per vigilare sui comportamenti di Google, Facebook e Amazon nei confronti dei rivali più piccoli. Si tratterà di un’unità speciale all’interno dell’Autorità per la concorrenza britannica. Le grandi aziende della Silicon Valley avranno uno “status di mercato strategico” e dovranno quindi conformarsi a un codice di condotta particolare che sarà introdotto attraverso una apposita legislazione. L’obiettivo è quello di creare condizioni di parità per le piccole imprese, dare alle persone un maggiore controllo sui propri dati e definire una relazione tra le piattaforme online e gli editori, come i giornali.

L’altro tasto dolente è la questione fiscale con molti di questi gruppi che ricorrono a pratiche di “ottimizzazione fiscale”, in sostanza, sfruttando scappatoie legali e tecniche finanziarie, spostano i profitti realizzati nei paesi europei negli stati dove il prelievo è più basso. Giusto segnalare come Netflix abbia appena annunciato una svolta. La piattaforma video l’anno scorso ha pagato in Italia tasse per 6mila euro. In Francia e in Spagna la società pagherà le tasse calcolate sui profitti che realizzano le filiali nei due paesi. Non verranno più dirottati verso le controllate olandesi. Possibile che una scelta simile possa riguardare a breve anche l’Italia.

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