La Direzione sanitaria dell’ospedale di Borgo Trento di Verona era stata informata fin dal novembre 2019 dell’esistenza di quattro casi di infezioni da Citrobacter koseri nei reparti di terapia intensiva neonatale e pediatrica. Uno di questi aveva portato al decesso del piccolo Leonardo nel 2018, un altro aveva causato la morte di Nina Frezza, la figlia di Francesca, la mamma che ha avuto il coraggio di denunciare l’infezione. A confermarlo è addirittura il primario di Pediatria, il dottor Paolo Biban, che a settembre è stato sospeso dall’incarico a causa dei quattro decessi e dei 9 casi di cerebrolesi, oltre a un centinaio di neonati infetti, che si sono registrati nei reparti che egli dirigeva.

La dichiarazione di Biban è inedita e conferma che i vertici dell’ospedale di Verona erano stati informati dell’esistenza di una situazione grave prima della notizia riportata da un servizio giornalistico de ”L’Arena”. Fu allora che Azienda Zero, per conto della Regione Veneto, chiese spiegazioni a Verona. Ma si sentì rispondere che si trattava di un caso isolato, una trasmissione del batterio dalla madre al feto. Biban ha diffuso un comunicato dopo che gli ispettori del ministero della Salute hanno accusato il commissario Francesco Cobello di non aver detto la verità quando ha sostenuto di essere venuto a conoscenza dell’infezione solo a maggio 2020, decidendo un mese dopo di chiudere le terapie intensive e il punto nascite di Verona. Anche perché Cobello aveva replicato che non aveva competenze mediche e che era stato lui a insediare una commissione che era arrivata alla conclusione dell’esistenza di un caso singolo.

Adesso il primario smentisce il direttore sanitario (che è commissario dal 31 dicembre 2019, per decreto del governatore Luca Zaia) in modo perentorio: “Il 26 novembre 2019 ho provveduto ad informare tra gli altri la direzione generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria integrata (AOUI) di Verona dell’esistenza di 3 casi di infezione da Citrobacter koseri riscontrati e seguiti nel reparto di terapia intensiva neonatale da me diretto. Tali casi intercorsi nei dodici mesi precedenti, a distanza di alcuni mesi uno dall’altro, erano da aggiungersi al caso della bambina N. F. , osservato nel mese di aprile 2019”. Il primario dichiara di aver “ prodotto i documenti relativi a tali informativa del novembre 2019 nel corso dell’audizione davanti alla commissione disciplinare della AOUI di Verona avvenuta il 28 settembre 2020”. Biban era assistito dall’avvocato Stefano Putinati di Milano.

“È una vergogna. Qui è in atto un gigantesco scaricabarile, stanno cercando di addossarsi le responsabilità uno con l’altro. – dichiara a ilfattoquotidiano.it Francesca Frezza, la mamma di Nina – Il commissario Cobello dice che non sapeva nulla fino a maggio 2020, ma viene smentito dai commissari del ministero che indicano la data di dicembre. Adesso il primario Biban dice di aver segnalato quattro casi di neonati infetti il 26 novembre 2019, dopo che il 18 novembre mia figlia era morta al Gaslini di Genova, dove l’avevo trasferita a luglio. E avevo già presentato un esposto in Procura. Non dimentichiamo che il caso di Leonardo, un altro deceduto, risale addirittura al 2018”. In effetti, la notizia era già trapelata quando poco più di una settimana dopo era partita la segnalazione di Biban alla Direzione sanitaria. “E pensare che con con il primario Biban ho avuto un rapporto di comunicazione per tutto il periodo in cui Nina è stata ricoverata a Verona. Lui la situazione la conosceva benissimo dal mese di aprile. Perché ha aspettato tanto? E adesso mi chiedo che cosa farà il governatore Luca Zaia. Lascerà Cobello al suo posto?”.

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