A una decina di giorni dall’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia per i rifiuti radioattivi e, subito dopo, di quella relativa alle polveri sottili Pm 2,5, arriva una nuova batosta. La Corte di giustizia Ue ha accolto il ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia, per il superamento sistematico e continuato, in diverse aree del territorio nazionale, dei valori limite fissati dalla direttiva europea sulla qualità dell’aria per le concentrazioni di particelle Pm10. Secondo la Corte, tra il 2008 e il 2017 l’Italia ha violato il diritto dell’Unione “in maniera sistematica e continuata” e “non ha manifestamente adottato, in tempo utile, misure adeguate per garantire il rispetto dei valori limite fissati dalle norme Ue sull’inquinamento dell’aria. “La sentenza della Corte di Giustizia sul superamento dei limiti di PM10 non ci coglie di sorpresa, visti i dati su cui è basata e che sono incontrovertibili alla prova dei fatti. Dati che, benché si fermino al 2017, indicano un problema che purtroppo non è ancora risolto” ha commentato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa.

Limiti superate in 30 aree Le soglie per la concentrazione di Pm10 sono state superate in una trentina di aree: in tutta la Pianura Padana (Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto), ma anche in Toscana, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Lazio e Sicilia. Il primo richiamo della Commissione europea era arrivato a luglio 2014, ma da allora non è stato fatto abbastanza. Ad aprile 2017, la Commissione aveva inviato all’Italia una lettera con un parere motivato, seconda fase della procedura di infrazione, affinché adottasse azioni idonee per ridurre le emissioni di particolato Pm10. Nel parere motivato si poneva l’accento soprattutto sulla situazione relativa a nove zone: Venezia-Treviso, Vicenza, Milano, Brescia, due zone della Pianura padana lombarda, Torino e Valle del Sacco (Lazio). A gennaio 2018 la convocazione a Bruxelles insieme a Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. Si mette male ora, per l’Italia, che già nel 2012 si è vista comminare una sanzione per aver oltrepassato i limiti di Pm10 in 55 zone tra il 2006 e il 2007 e che si rischia la condanna al pagamento di ingenti sanzioni pecuniarie.

Le parole del ministro Costa – “Fin dal mio insediamento, nel 2018 ho messo in campo tutti gli strumenti possibili, in accordo con le Regioni, per affrontare il tema della qualità dell’aria” ha commentato il ministro Costa, secondo cui questa pronuncia dovrebbe rappresentare uno “stimolo per tutto il Governo a far di più e meglio rispetto a quanto già abbiamo messo in campo, considerando che la stessa Corte nella sentenza riconosce la bontà delle azioni intraprese dal 2018, per garantire nel più breve tempo possibile un ambiente più salubre a tutti i cittadini”. L’esponente del governo ha ricordato quanto fatto negli ultimi due anni, dal Torino il Clean Air Dialogue (a giugno 2018) con la Commissione europea, a conclusione del quale è stato istituito un Gruppo di lavoro presso la Presidenza del Consiglio, fino agli accordi con Lazio, Umbria, Toscana e Sicilia (è alla firma quello con la Campania) per affrontare con strumenti operativi e fondi la tematica che investe specifiche aree di queste regioni. “Il decreto legge Clima dello scorso novembre – ha spiegato il ministro – ha poi individuato una serie di misure ad hoc e iniziative, come l’acquisto di scuola bus green, 20 milioni in due anni, o la riforestazione urbana, finanziata con 30 milioni, e il buono mobilità per incentivare una mobilità elettrica e sostenibile nelle grandi città, stanziando a tal fine i proventi delle cosiddette ‘aste verdi’ del Ministero dell’Ambiente”. Sulla base di specifici accordi di programma con le Regioni più colpite dalla problematica, tra cui il Bacino Padano, Lazio, Umbria, Sicilia e Toscana, è stato poi programmato lo stanziamento di un fondo pluriennale per complessivi 800 milioni di euro a partire dal 2020 al 2034 e di 40 milioni l’anno dal 2035 per l’abbattimento delle emissioni di polveri sottili e ossidi di azoto, come previsto dal decreto legge Agosto.

Le altre procedure – Nel frattempo, proprio una settimana fa, è stata aperta una nuova procedura per il superamento dei livelli di polveri sottili PM2,5, ancora una volta nell’area della Pianura Padana e delle regioni del Nord. In primis Lombardia e Veneto. Osservate speciali le città di Milano, Venezia e Padova. Per questo procedimento (avviato anche per la Croazia), il nostro Paese ha due mesi di tempo per rispondere alla messa in mora da parte della Commissione Europea. Passato questo periodo, l’Ue può proseguire con la procedura di infrazione. Il tutto, mentre l’Italia è sotto accusa anche per il biossido di azoto (NO2)

Il fronte dei rifiuti – A fine ottobre, invece, la Commissione europea ha avviato procedure di infrazione nei confronti di Italia, Austria e Croazia per non aver adottato un programma nazionale per la gestione dei residui radioattivi, conforme alla direttiva sul tema del 2011. La norma riguarda i residui generati dall’uso di materiali radioattivi per la produzione di energia, a scopi medici, di ricerca, industriali e agricoli. Gli Stati membri erano tenuti a recepire la direttiva entro il 23 agosto 2013 e a notificare i loro programmi nazionali per la prima volta alla Commissione entro il 23 agosto 2015. L’Italia (e gli altri due Paesi) hanno due mesi per rispondere alla Commissione.

Il monito del commissario Ue – In caso contrario, in mancanza di una risposta soddisfacente, la Commissione può decidere anche in questo caso di inviare un parere motivato. In una dettagliata analisi, il commissario Ue all’Ambiente Virginijus Sinkevicius ha spiegato come l’Italia abbia fatto progressi “significativi” sulle discariche abusive (il numero di quelle non conformi si è ridotto da 200 a 40, ndr), ancora insufficienti sui rifiuti in Campania, nonostante i miglioramenti sulla raccolta differenziata e “troppo lenti” su fogne e depuratori, con la conseguenza che ci sono 900 agglomerati in tutta la Penisola, che non sono a norma con i sistemi di trattamento e scarico delle acque fognarie. Ad oggi, Roma ha versato nelle casse Ue oltre mezzo miliardo (550 milioni di euro). E, proprio in materia di ambiente, il nostro Paese ha il numero più alto di procedure aperte (oltre 20). Tutti casi in cui, dice il commissario, “l’Italia dovrebbe agire più rapidamente, prima che la Corte Ue arrivi a imporre ammende”.

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