Fabbriche di materiali al posto degli impianti tmb di Salario e Rocca Cencia. Roma è a un bivio, la città è ancora una volta sull’orlo di un’emergenza rifiuti derivante (anche) dagli ultimatum che il sistema nazionale di smaltimento sta lanciando alla Capitale, da cinque anni ormai non autosufficiente. Fra gare Ama che vanno continuamente deserte, scioperi proclamati dai sindacati e pressioni sempre più forti in arrivo dalla Regione Lazio per l’individuazione di una “discarica di servizio”, Virginia Raggi e i suoi sembrano con le spalle al muro. Cosa fare? Cedere al ciclo “tradizionale” dei rifiuti puntando il dito su un quartiere (periferico) a caso della Capitale dove costruire un inceneritore o una nuova Malagrotta oppure insistere con il programma “Zero Waste”, ultimo baluardo di una propaganda pentastellata sempre più annacquata dagli eventi?

IL SEPARATORE E LA QUOTA 80% – La soluzione del Campidoglio si chiama, appunto, “fabbrica di materiali”. Più volgarmente detto “separatore di rifiuti”, come lo ribattezzò Beppe Grillo mesi fa citando l’esempio di Barcellona. L’impianto completamente anaerobico, in realtà, è stato proposto già 5 anni fa da Legambiente e, sostanzialmente, consiste in un grande punto di stoccaggio dove far pervenire gli scarti della raccolta differenziata e operare una seconda scrematura, in grado di recuperare ulteriori due terzi delle tonnellate che oggi, nei tmb, diventano combustibile per inceneritori o materiale per le discariche. Attualmente, la raccolta differenziata a Roma viaggia intorno al 43-44%, ciò vuol dire che il 56-57% è scarto per gli impianti di trattamento meccanico-biologico; se le fabbriche di materiali fossero operative oggi, la differenziata potrebbe raggiungere di colpo quota 82%. A quel punto potrebbe essere giustificabile anche l’individuazione di una piccola discarica di servizio nel territorio, che con i dati attuali si trasformerebbe inevitabilmente in una Malagrotta 2.

TEMPI E COSTI DEGLI IMPIANTI – Sono fattibili questi impianti? E quanto costano? Fonti capitoline indicano nella riconversione dell’esistente la via più veloce. Con i progetti pronti, infatti, individuare nuove aree e realizzare il tutto porterebbe via almeno 3 anni pieni, mentre i mesi di attesa scenderebbero a 12 qualora si dovessero utilizzare strutture preesistenti. Per i costi sarebbe la stessa cosa, diminuirebbero di almeno un terzo. La costruzione ex novo porterebbe a spendere fra i 20 e i 30 milioni di euro per un impianto che potrebbe gestire circa 80-100mila tonnellate l’anno, mentre la riconversione abbatterebbe anche questa spesa, sebbene bisognerebbe investire nell’assunzione di personale ad hoc. “Tempi e costi comunque inferiori all’opzione discarica”, ci tengono a sottolineare i tecnici che stanno lavorando insieme al Campidoglio. Sulle localizzazioni, le opzioni sembrano essere innanzitutto Ponte Malnome – area di proprietà di Acea – e il Comune di Colleferro, dove l’Ama pensa di rinunciare alla conversione di una delle due linee di incenerimento per portarvi proprio una fabbrica di materiali. A quel punto, gli altri due impianti potrebbero sorgere a Salario e Rocca Cencia, grazie alla riconversione dei rispettivi (e obsoleti) tmb.

LA CORSA CONTRO IL TEMPO – “Ma i progetti dove sono?”, ripetono, non a torto, dalla Regione Lazio, con l’assessore Massimiliano Valeriani che è tornato a chiedere a Raggi l’indicazione di un sito e di un impianto per completare il dossier dei rifiuti e scongiurare il commissariamento nazionale. E in effetti il problema della perentorietà rischia di essere fatale all’amministrazione capitolina. Perché al grido di “stiamo lavorando” le settimane passano. “Aspettavamo di avere dei dati più confortanti sulla raccolta differenziata – ammette il consigliere capitolino Pietro Calabrese – che sta partendo con ottimi feedback in varie zone di Roma, ma è probabile che serva un’accelerata sulla questione dell’impiantistica”. Concorda l’assessore all’Ambiente, Giuseppina Montanari, che a IlFattoQuotidiano.it rivela: “Stiamo preparando gli atti da portare in Giunta a brevissimo. Le prime fabbriche di materiali saranno impiegate per il recupero degli ingombranti, dei raee, dei pannolini e degli altri rifiuti che fanno volume. In seconda battuta si passerà ai veri e propri separatori”.

LUGLIO NERO E PRESSIONI – Una corsa contro il tempo, anche perché luglio rischia di essere sempre più nero. Da una parte, infatti, esiste la necessità di non cedere alle spinte sistema imprenditoriale del settore rifiuti, che in molti definiscono “lobbistico” e – non è un mistero – sempre a rischio di infiltrazioni delle eco-mafie; così come non sembra essere intenzione di nessuno dare seguito proprio ora alle indicazioni sul tema portate dal decreto renziano dello “Sblocca Italia”, che chiedeva la realizzazione in tutto il paese di nuovi inceneritori. Dall’altra parte, è necessario tenere a bada il possibile malcontento dei romani. Nei giorni scorsi, nel quartiere Laurentino c’è stata una mini rivolta dei residenti che hanno gettato i rifiuti in strada – scene che ricordano Napoli 2007 – e lo sciopero dei dipendenti Ama previsto per il 14 luglio rischia di mandare definitivamente in “pre-emergenza” un ciclo già sofferente che si regge sul filo delle tonnellate. Filo sempre più flebile che, se si dovesse spezzare, spalancherebbe le porte del commissariamento.

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