“Non c’è più tempo da perdere. Vogliamo segnali e servizi immediati perché il Covid-19 non aspetta”. Dalle associazioni alle comunità passando per i sindacati come la Cgil e la Cisl oltre che quelli caterogia. Tutti hanno rivolto un appello alla politica e ai governi nazionale e regionale, ma anche al commissario per il “Piano di rientro”. Il tema è sempre lo stesso: quello di una Calabria che rischia la ‘zona rossa’ non tanto per l’aumento dei contagi quanto per i disastri in cui versa il sistema sanitario regionale con assunzioni rimaste sulla carta e numeri da Terzo mondo per quanto riguarda i posti in terapia intensiva. Nonostante i fondi per le assunzioni e l’acquisto di macchinari siano stati stanziati, senza essere spesi.

I firmatari dell’appello sono una quarantina e tra questi c’è pure Rubens Curia, il presidente della “Comunità Competente” che è una sorta di coordinamento composto da 34 tra associazioni, fondazioni, sindacati e singoli cittadini che è stato costituito a luglio 2019 a Lamezia Terme, presso la comunità “Progetto Sud” di don Giacomo Panizza, il prete più volte minacciato dalla ‘ndrangheta. Anche lui ha sottoscritto l’appello indirizzato, tra gli altri, al ministro della Salute Roberto Speranza.

“In questo grave momento – è scritto nella lettera – è necessario innescare una risposta comune all’emergenza sanitaria partendo da una indispensabile larga unità per attuare le misure proposte e più volte assentite ma ancora non attuate dai decisori politici e amministrativi”. Il dito è puntato contro la Regione e i vari commissari che, negli ultimi 11 anni, sono stati catapultati in Calabria per rimettere in sesto una sanità allo sbando. Piuttosto di capire cosa fare per adeguare ospedali e aziende sanitarie, in queste settimane i politici regionali polemizzano con il governo che vuole rinnovare il commissariamento.

L’appello a Speranza parte proprio da quello che non è stato fatto: “È necessario attivare misure immediate che tutelino la salute dei calabresi e sostengano gli operatori sanitari impegnati in questa difficile battaglia. Già il governo Conte, con i decreti della primavera scorsa, aveva perentoriamente indicato alle Regioni come contrastare la pandemia provocata dal Covid 19, che ha messo in crisi un’organizzazione della sanità ospedalocentrica obbligando, finalmente, a modificare la cifra culturale e organizzativa della sanità valorizzando la medicina d’iniziativa e di prossimità che pone al centro il paziente e i suoi bisogni di salute, con un forte ruolo della medicina territoriale e della prevenzione. Ciò avrebbe consentito ai presidi ospedalieri di curare gli acuti, di sviluppare le specializzazioni, di fare ricerca senza dover surrogare le manchevolezze della medicina distrettuale”.

“Purtroppo, – si legge – la Sars Cov 2 ha trovato la sanità calabrese sfiancata da un commissariamento decennale governato prevalentemente dal ministero della Economia e Finanze impegnato in un risanamento finanziario che, tra l’altro, non è stato raggiunto e con debiti verso i fornitori che superano il miliardo e 100 milioni di euro. Siamo consapevoli della gestione inquinata che ha accompagnato alcune Asp ma la corruzione non si combatte mettendo in difficoltà chi ha diritto ma creando amministrazioni competenti e trasparenti affinché l’abuso sia immediatamente visibile e sanzionabile”. Qual è allora la situazione della Sanita in Calabria? “Abbiamo una medicina territoriale ‘desertificata’. I medici di medicina generale reclamano da 11 anni un nuovo modello organizzativo basato sulle aggregazioni funzionali territoriali, attive h12, e le unità complesse di cure primarie h24 che, in questo momento drammatico, avrebbero svolto un ruolo importante. Poco si è fatto. In 11 anni di commissariamento le Case della salute esistono ancora solo sulla carta”.

E ancora: “I consultori familiari, la neuropsichiatria infantile, i servizi delle dipendenze patologiche e di salute mentale sono fortemente carenti di personale: mancano le ostetriche, il 70% di assistenti sociali, il 75% di psicologi psicoterapeutici con un aumento, tra l’altro, della richiesta di prestazioni negli ultimi 9 mesi pari al 60%. Gli specialisti ambulatoriali interni, sempre meno in alcune aziende sanitarie, operano nei poliambulatori senza adeguate apparecchiature. Eppure la Calabria è la regione con la più alta percentuale (23,8%) di persone con almeno 2 patologie croniche, abbiamo il tasso standardizzato più elevato di persone assistite presso strutture psichiatriche (255,1 per 10.000 abitanti contro la media nazionale che è di 155,2) e l’aspettativa di vita in buona salute (52 anni) tra le più basse d’Italia. Nella stessa situazione versano i nostri ospedali con un blocco delle assunzioni, che negli anni ha causato una perdita di 4.000 unità di personale, con apparecchiature medicali, in molti casi, obsolete e nuovi ospedali attesi da oltre 13 anni”.

Non va meglio per quanto riguarda gli infermieri, “la cui carenza li sta sottoponendo a turni massacranti”. Questo nonostante “i fondi per le assunzioni ci sono”. Sono quelli previsti dal decreto 34 del 19 maggio 2020 rimasti fermi o vanno a rilento, così come gli 86 milioni di euro stanziati dalla legge 60/19 che servivano a velocizzare la spesa “acquistando le apparecchiature sanitarie (tac, pet, risonanza magnetica nucleare mammografi e angiografi), assumendo il relativo personale per farle funzionare a pieno regime, anche la domenica, per abbattere le liste d’attesa”. L’emergenza Covid ha aggravato la situazione e per questo è necessario “potenziare la rete dei laboratori di patologia clinica e il servizio di emergenza-urgenza”. Si registra, infatti, “una situazione di disparità inaccettabile nello stesso territorio regionale che mina il diritto alla salute dei cittadini, con postazioni in tutto il territorio regionale che sono state de-medicalizzate”.

Un capitolo a parte è quello dell’incremento di 134 posti letto di terapia intensiva e 136 di semintensiva nelle varie aziende sanitarie. Ancora non ci sono, nonostante a giugno e a luglio il commissario ad acta abbia firmato due decreti che prevedevano 51 milioni di euro di fondi ad hoc che sarebbero serviti anche per il restyling dei pronto soccorsi, l’acquisto delle ambulanze e l’assunzione di personale medico e infermieristico”. “Dobbiamo fare presto. – si legge nella parte finale dell’appello – Non si può navigare a vista con conflitti di competenze tra istituzioni e mancati controlli. Chiediamo al Ministro Speranza di cambiare per rafforzare la struttura del Commissario rendendola capace di affrontare l’emergenza impostando quella riforma della sanità che tutti dicono di voler fare”.

Articolo Precedente

“C’è un via vai di carri funebri, come a marzo”: al cimitero di Lambrate di Milano cremazione solo per i residenti. E c’è chi compra fiori finti

next
Articolo Successivo

Coronavirus, i dati – 30.550 casi con 211mila tamponi. 352 morti e oltre mille ricoveri. Rezza: “Trend si stabilizza, ma su livello alto”

next