di Massimo Selmi

L’uomo sta diventando solo uno strumento di lavoro? È una domanda che spesso nei secoli politici, filosofi, e a volte anche il cosiddetto uomo comune, si sono posti. Ma l’uomo, in questo periodo di blocco più o meno totale, è mero strumento di lavoro, o è rimasto prima di tutto un essere umano?

In questi giorni si parla spesso di lockdown, anche volontario, suggerendo per ora di evitare determinate attività, in maniera consapevole, autodeterminata, e non coercitiva. Ad esempio, è del 21 ottobre una dichiarazione del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che ha utilizzato proprio la locuzione “lockdown volontario”. Premesso che personalmente credo nell’utilità del lockdown, in misura più o meno parziale e mirata, credo sia comunque fondamentale comprendere come questo rischi di trasformarci sempre di più in semplici strumenti di lavoro.

La nostra società è definita “dei consumi”, non solo perché si consuma: territorio, abiti, automobili e fondamentalmente tutto quanto ci circonda. È definita società dei consumi soprattutto perché l’economia stessa si basa sul consumo. Il ciclo economico si perpetua grazie al fatto che io guadagno, e quel che guadagno lo spendo. Poi, grazie alla mia spesa, qualcun altro guadagnerà, in misura minore o maggiore, e potrà spendere a sua volta, attivando un circolo virtuoso che porterà benessere e felicità a tutti. O perlomeno così ci dice la vulgata che va per la maggiore tra gli economisti.

Ma, mai come in caso di lockdown, l’uomo diventa semplice strumento. Chi ha la fortuna di rimanere nel ciclo produttivo continuando ad operare dal proprio domicilio, come può essere l’impiegato di una società di consulenza, piuttosto che in presenza, come ad esempio il cassiere di un supermercato, ha la possibilità di continuare a produrre e di ricevere un compenso, ma non potrà più spendere, se non in maniera parziale. Diventerà quindi un semplice strumento di lavoro, realizzando con il lavoro il suo prodotto, fisico o meno, senza più la possibilità di spendere il risultato della sua attività, cioè la sua remunerazione.

Questo determina un’evidente stortura del sistema economico basato sul consumo: si continua a produrre, ma si riducono notevolmente i consumi, trasformando l’essere umano in un semplice strumento produttivo. In senso astratto diventa sempre più un macchinario, al pari di un telaio di una tessitura, attivo otto ore al giorno in una fabbrica, e spento per le restanti diciotto.

L’uomo diventa come il suo stesso telaio da tessitura: per otto ore attivo, e poi, tornato al suo domicilio, con l’obbligo di rimanere all’interno della sua abitazione, unico spazio in cui gli è consentita una qualche attività. E questo apre una riflessione sul valore dell’attività artistica, il cui consumo può avvenire anche nello spazio della propria abitazione. Un libro, un disco o un film sono tra i pochi valori di cui si può usufruire anche in caso di lockdown. Qual è quindi oggi il loro reale valore economico? Lascio a voi le riflessioni al riguardo.

Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’abbonamento Sostenitore e diventando membri del Fatto social club. Tra i post inviati Peter Gomez e la redazione selezioneranno quelli ritenuti più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Se vuoi partecipare sottoscrivi un abbonamento volontario. Potrai così anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione, mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee, sceglierai le inchieste che verranno realizzate dai nostri giornalisti e avrai accesso all’intero archivio cartaceo.
Articolo Precedente

È giusto curare un negazionista? Se per voi la risposta è no, siete vittime dello stesso odio

next
Articolo Successivo

La diffusione del virus si spiega anche con le disastrose condizioni energetiche dell’umanità

next