Un tutti contro tutti o giù di lì. Il nodo dei mezzi pubblici torna ed è braccio di ferro tra ministeri, enti locali e le aziende di trasporto locale. Sul tavolo l’incremento dello smartworking, la didattica a distanza e la necessità di ridurre la capienza di bus, tram e metropolitane o, appunto, alleggerire il carico riportando gli studenti delle scuole superiori dalle classi a casa e tenere i dipendenti lontani dagli uffici. Il punto è previsto mercoledì davanti alla ministra dei Trasporti Paola De Micheli. Di fronte avrà le aziende, i rappresentanti della Conferenza delle Regioni, di Anci e di Upi per un confronto sulle misure di contenimento dei contagi. Dopo le segnalazioni di assembramenti sui mezzi e nelle stazioni che nelle ultime settimane, a partire dalla riapertura delle scuole, si sono moltiplicate da Milano a Roma fino a Cagliari, le posizioni sono differenti e spesso anche contrastanti all’interno dello stesso “schieramento”.

Regioni e Comuni su posizioni diverse – È il caso delle Regioni. Il no alla didattica a distanza per gli studenti delle scuole superiore è arrivato da Nicola Zingaretti, mentre si è detto favorevole il governatore veneto Luca Zaia: “La questione l’ho posta io, ma era un po’ un fuori tema, non era in discussione nel Dpcm. Se pensassimo alla didattica a distanza per le ultime 2-3 classi, delle superiori, magari in alternanza, un giorno sì e 2 no, una settimana sì e 3 no, verrebbe tolta tanta pressione sui trasporti”. Un intervento è invece chiesto anche dai sindaci, come anticipato già lunedì da Antonio Decaro. Il primo cittadino di Bari e presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni è tornato a spiegare che la capacità dei mezzi “non deve superare l’80%”. Ma non solo: “Noi vorremmo abbassare questa percentuale. Il Cts parlava del 50% per stare tranquilli, ma per arrivare al 50% abbiamo bisogno di più mezzi e risorse. Tutti quelli in circolazione li stiamo utilizzando”. Le aziende di trasporto “non ce la fanno”, ha spiegato. “Si sovraccaricano i mezzi di trasporto pubblico perché si muovono insieme pendolari e studenti”, ha detto ancora il presidente dell’Anci e quindi “una soluzione può essere tornare allo smartworking e scalare gli orari di ingresso e di uscita dalle scuole, altrimenti rischiamo di avere il distanziamento nelle aule ma non riusciamo a rispettarlo nei bus”.

No di Azzolina e dei presidi – Netta la contrarietà della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina: “I ragazzi sono felici di essere tornati a scuola. E ci devono rimanere. Anche per quelli più grandi la didattica in presenza è fondamentale perché garantisce formazione ma anche socialità, che altrimenti i giovani andrebbero a cercare altrove”, ha detto la ministra Lucia Azzolina. Alla titolare dell’Istruzione fanno eco i presidi: “Non è pensabile sostituire la didattica in presenza con la didattica digitale integrata a causa dei problemi del trasporto pubblico. Questo equivarrebbe a negare il diritto allo studio e alla socialità soprattutto a quei ragazzi con disabilità o con altre difficoltà o anche semplicemente il diritto alle attività laboratoriali ove previste dal ciclo di studi”, la presa di posizione del presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli. “La didattica digitale integrata è e rimane un valido strumento, dimostratosi indispensabile nei mesi del lockdown, da utilizzare però in modo ragionato e circoscritto”, aggiunge sottolineando che “non possiamo pensare che diventi la soluzione per problemi per i quali si sarebbe potuto e dovuto cercare una soluzione nei mesi scorsi”. In sostanza: “Non si possono scaricare sul mondo della scuola problemi che vanno affrontati e risolti in altri contesti”, conclude.

Le aziende e l’immunologa – Di fronte alla richiesta di una stretta, le aziende del trasporto pubblico avvisano che, in base a un report dell’Ufficio Studi di Asstra, se si verificasse una riduzione ulteriore del riempimento dei mezzi, attualmente consentito all’80% ,”risulterebbe difficile continuare a conciliare il rispetto dei protocolli anti Covid-19 e garantire allo stesso tempo il diritto alla mobilità per diverse centinaia di migliaia di utenti ogni giorno”. Con un’ulteriore conseguenza: “Il rischio di fenomeni di assembramento alle fermate e alle stazioni”. La questione resta aperta e il fronte sanitario si definisce “perplesso”. È il caso dell’immunologa Antonella Viola, ordinaria di Patologia generale del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova: “Ci sono dei punti nell’ultimo Dpcm che non sono stati toccati e che invece, per la loro criticità, vale la pena ricordare. Uno di questi è certamente quello dei trasporti”. Secondo la professoressa, i trasporti sono “un nodo cruciale perché la mascherina non ci può proteggere nelle condizioni di forte assembramento che abbiamo visto nei tram e nelle metropolitane”.

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