Non è un fast food e tantomeno un ristorante ‘all you can eat’. Vâgh íñ ufézzí è la prima osteria a tempo. Un posto, in pieno centro a Bologna, dove il tempo diventa denaro. Per superare le limitazioni imposte dal Coronavirus al mondo della ristorazione, come i posti calmierati e distanziati, Mirco Carati e Antonella De Sanctis hanno deciso di lasciarsi ispirare dall’antica tradizione bolognese. Come racconta Francesco Guccini nel suo ultimo libro autobiografico, in via del Pratello alla fine della seconda guerra mondiale aprì Il Ghitton: la cuoca serviva solo pasta e fagioli e si pagava a tempo, del tipo “Dieci minuti di pasta e fagioli grazie!” Ogni commensale infatti doveva specificare per quanti minuti avrebbe mangiato e la ciotola sarebbe stata riempita di conseguenza.

“Volevamo dare un valore al tempo trascorso a tavola, che nella contingenza degli ultimi mesi è diventato molto prezioso per chiunque si trovi a gestire un locale di dimensioni ridotte come il nostro. Possiamo ospitare al massimo 12 persone. La permanenza al tavolo, dunque, va regolata con più rigore, senza per questo inficiarne l’esperienza e la nostra cucina, abbiamo deciso di provare una strada senza dubbio originale che consentirà a più persone con lo stesso budget e la stessa qualità di cenare da noi, prenotando una fascia oraria e consumando a volontà in quel lasso di tempo”, spiegano i titolari di Vâgh íñ ufézzí al fattoquotidiano.it.

Da adesso qui si paga il conto in funzione del tempo che si trascorre a tavola: per il momento c’è un turno da un’ora (che costa 18 euro vini esclusi) o da due ore (26 euro). In questo lasso di tempo il cliente può mangiare a volontà, con bis e tris. Piatti emiliano-romagnoli e non solo. A sancire lo scadere dell’ora ci sarà anche il suono di una vecchia campana, se non dovesse bastare l’orologio sul tavolo. Negli scorsi mesi è diventata virale la foto di un uomo seduto da solo in un pub in Irlanda con una pinta di Guinness e una sveglia poggiata sul tavolo. La scena è stata immortalata dal proprietario del locale, diventando un simbolo del cambiamento che stiamo vivendo e delle nuove regole di convivenza: in Irlanda infatti si può stare in un pub solo un’ora e quarantacinque minuti. Mentre l’Italia della ristorazione attende di capire se il fattore tempo diventerà nuovamente un problema -la ventilata chiusura anticipata delle attività alle 23 sarebbe un duro colpo per il settore- a Bologna c’è chi ha scelto di puntare tutto proprio su questo.

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