Dunque ci risiamo: all’indomani del referendum sulla riduzione dei parlamentari Beppe Grillo rilancia la provocazione del fu Gianroberto Casaleggio: “Non credo più in una forma di rappresentanza parlamentare ma credo nella democrazia diretta fatta dai cittadini attraverso i referendum”. E’ una affermazione grave, che non può passare sotto silenzio.

Prima considerazione: la democrazia diretta non è democrazia. Chiunque abbia partecipato anche soltanto ad una assemblea di condominio sa che il voto è soltanto l’ultimo passaggio di un percorso complesso finalizzato ad elaborare la proposta che viene messa in votazione. Una assemblea minimamente numerosa è costretta a delegare ad una commissione all’elaborazione della proposta perché è la discussione corale sarebbe infinita. Poiché non si può votare altro che una proposta (o magari più di una), il vero potere è nelle mani della commissione; la proposta da questa elaborata può essere rifiutata o emendata, ma la commissione ha in mano la parte costruttiva del lavoro.

Nella democrazia diretta il corpo assembleare è talmente ampio che neppure gli emendamenti sono più possibili: si vota soltanto sì o no. Quindi in pratica il vero potere, nella democrazia diretta sfugge ad ogni reale controllo; “qualcuno” elabora la proposta e il popolo col referendum può soltanto approvarla o respingerla. Non è un caso che l’organo che detiene il potere legislativo si chiami Parlamento e non votamento: perché in tutte le democrazie parlare, discutere, elaborare viene prima di votare. Le proposte di democrazia diretta sono eversive.

Seconda considerazione: l’affermazione di Beppe Grillo viene in un momento preciso, e peraltro inopportuno. Su proposta (e come visto prima le proposte contano) del M5S è stato appena svolto un referendum che riduce la numerosità del Parlamento. Vari costituzionalisti, aderenti sia al fronte del sì che a quello del no si sono pubblicamente interrogati sul fatto che la riduzione dei parlamentari fosse migliorativa o peggiorativa nei confronti del funzionamento del Parlamento e oggi il portavoce e garante se ne esce con queste affermazioni eversive? Siamo stati tutti presi in giro? Lo scopo del referendum non era migliorare il funzionamento di un Parlamento nel quale il garante non crede e non si fa scrupolo di screditare pubblicamente?

Terza considerazione: non è chiaro a quale titolo Beppe Grillo si esprima di fronte al Parlamento Europeo. E’ un privato cittadino? Rappresenta il Movimento 5 Stelle? Rappresenta il 70% di elettori che ha votato si al referendum? E’ una triste consuetudine iniziata da Berlusconi quella di fare affermazioni scioccanti per vedere come va a finire, e se necessario nascondersi dietro la giustificazione che l’affermazione è fatta a titolo personale; nel caso di Beppe Grillo addirittura la battuta di un comico. Intanto il sasso è stato lanciato, anche se la mano viene nascosta.

Quarta considerazione: la modifica della Costituzione più bella del mondo sarebbe passata allo stesso modo con 90 a 10 con 70 a 30. Ma un voto è anche un segnale e il segnale non sarebbe stato lo stesso nei due casi. Il 30% dei No ha un significato ben preciso e in gran parte veniva da elettori che temevano il peggio, quel peggio che Beppe Grillo ci ha platealmente illustrato: noi non vogliamo la democrazia diretta di Casaleggio e Grillo, e pensiamo che sia un progetto eversivo. Zingaretti ha mostrato di aver recepito il messaggio quando ha detto che il Pd terrà conto del voto espresso dal 30% degli elettori. Sarebbe interessante che i costituzionalisti che ci hanno spiegato come la riduzione dei parlamentari abbia il fine di migliorare il funzionamento del Parlamento si esprimessero sulla democrazia diretta: perché negare il rapporto tra referendum e Casaleggio-pensiero sarebbe ingenuo.

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