L’Italia potrebbe ricevere le prime “2-3 milioni di dosi” del vaccino anti Covid già alla fine di novembre, cioè molti mesi prima rispetto a quanto ipotizzato da diversi esperti. Ad annunciarlo all’Ansa è Piero di Lorenzo, il presidente della Irbm di Pomezia che ha collaborato con lo Jenner Institute della Oxford University alla messa a punto del prototipo. Il nostro Paese potrà iniziare a somministrare la prima tranche di dosi “se la sperimentazione in corso procederà positivamente”, specie dopo la prima sospensione temporanea avvenuta nei giorni scorsi a causa di una reazione sospetta su un volontario. Tutto risolto, chiarisce Di Lorenzo, dal momento che quell’episodio poi si è dimostrato “non legato al candidato vaccino”. L’obiettivo del team Oxford-Irbm-AstraZeneca, quindi, è quello di rispettare le tempistiche “già annunciate dallo stesso ministro della Salute Roberto Speranza“.

Lo stop al lavoro degli scienziati italiani e inglesi è stato disposto il 9 settembre scorso, quando è stato riscontrato un problema con uno dei 50mila volontari che stanno prendendo parte ai test della fase III. L’uomo era stato colpito da un’infiammazione spinale, la mielite acuta trasversa, che consiste in un’infiammazione in uno o più segmenti adiacenti del midollo spinale. Il comitato di esperti indipendenti che ha esaminato la questione ha però stabilito in pochi giorni che tale reazione non era collegata all’inoculazione del candidato vaccino. Questa sperimentazione, spiega di Lorenzo, “è infatti condotta in doppio cieco: ciò vuol dire che nè i medici nè i pazienti sanno a quali dei volontari è somministrato il candidato vaccino ed a quali solo placebo. Dunque – conclude – la reazione sospetta potrebbe anche essersi verificata su un volontario che aveva assunto il placebo e non il farmaco”.

Quando è accaduto l’incidente, il colosso farmaceutico AstraZeneca si è affrettato a chiarire che “si tratta di un’azione di routine che si verifica ogni volta che c’è una potenziale reazione inspiegabile in uno dei test”. Una tesi condivisa anche dalla Società italiana di Malattie infettive e tropicali, secondo cui il verificarsi di “un evento sfavorevole nella sperimentazione di un nuovo vaccino è assolutamente atteso e in qualche modo normale“. L’Oms, invece, ha subito tuonato contro il team, sostenendo che “i Paesi non possono prendere scorciatoie. Solo perché parliamo di velocità e vastità dell’operazione non vuol dire che cominceremo a compromettere la sicurezza o a prendere scorciatoie. Medicine e vaccini che dovranno essere distribuiti alla popolazione devono essere testati per la loro sicurezza“. Poi è arrivata la svolta: il Comitato indipendente che aveva il compito di stabilire se è stato il candidato vaccino a innescare la mielite traversa ha dato il suo ok per ripartire.

Nel frattempo, sono almeno 30 gli altri gruppi internazionali in fase avanzata con le sperimentazioni per trovare un farmaco anti-Covid. Una situazione che ha innescato una vera e propria corsa degli Stati ad accaparrarsi quante più dosi possibili, oltre a sfruttare il lavoro degli scienziati come strumento di propaganda. Da un lato c”è la Russia, con Putin che confermato di aver già registrato il suo “Sputnik”. Dall’altro gli Stati Uniti di Donald Trump: proprio in queste ore il capo della Casa bianca ha annunciato che “il vaccino contro il coronavirus arriverà nel giro di tre-quattro settimane“, in tempo per le elezioni di novembre. L’obiettivo, fanno sapere dal suo staff, è quello di ottenere “100 milioni di dosi entro fine anno“. Una vera e propria corsa in cui nemmeno l’Unione europea ha intenzione di stare a guardare. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha confermato che gli Stati membri stanno lavorando “a un grande accordo europeo per il vaccino anti Covid, la cui sperimentazione sta andando avanti”.

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Coronavirus, Di Lorenzo (Irbm): “A fine novembre prime dosi vaccino in Italia. 2-3 milioni di dosi se non ci saranno criticità”

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