Percepivano il reddito di cittadinanza anche se sono detenuti in carcere. È quanto ha scoperto la Guardia di finanza di Foggia che ha denunciato 30 persone. I finanzieri della compagnia di San Severo hanno passato al setaccio la posizione di 169 persone, nei confronti dei quali dall’entrata in vigore del provvedimento è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare. Tra i detenuti che hanno percepito il reddito di cittadinanza, ci sono anche persone in carcere per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, rapina, evasione.

Tutte le posizioni ritenute illecite dalle Fiamme gialle sono state segnalate all’Inps per la revoca e il recupero del beneficio economico. L’importo complessivo delle somme indebitamente elargite dall’Istituto nazionale di previdenza sociale, di cui si è proposto il recupero, ammonta a circa 200mila euro.

Secondo la legge, la concessione del reddito di cittadinanza dipende da una serie di requisiti reddituali, patrimoniali e di compatibilità che tutto il nucleo familiare deve possedere al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio. Tra i requisiti di compatibilità, è previsto che chi fa richiesta del reddito non sia sottoposto a misure cautelari. Se, invece, a essere arrestato è un componente del nucleo familiare del richiedente, allora il sostegno economico viene ridotto, secondo parametri prefissati dalla legge.

Dei 30 denunciati, tre di loro hanno presentato la domanda per ottenere il reddito direttamente mentre erano in carcere, mentre in 12 non hanno comunicato di essere stati arrestati. Sei familiari di detenuti sono riusciti ad ottenere un sostegno economico senza riduzioni, omettendo di indicare al momento della domanda che un componente della famiglia si trovava in cercare. Le famiglie di otto detenuti non hanno comunicato l’intervenuta carcerazione del parente, continuando così a percepire indebitamente il sussidio in forma piena. In un caso, c’è stato l’allontanamento dalla casa familiare, su ordine dell’autorità giudiziaria, di un componente di un nucleo familiare destinatario del sussidio.

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