Sono ancora più nere le stime dell’Istat sull’andamento del Pil italiano nel secondo trimestre 2020, cioè nel periodo in cui l’Italia è entrata in lockdown totale a causa delle misure di contenimento della pandemia. Le previsioni, corrette per gli effetti di calendario e destagionalizzate, parlano di un prodotto interno lordo in caduta del 12,8% rispetto al trimestre precedente e del 17,7% se rapportato al periodo aprile-maggio-giugno del 2019. I calcoli preliminari diffusi a luglio, invece, parlavano di una variazione congiunturale del -12,% e di quella tendenziale del 17,3%.

Un dato è confermato: il Pil italiano non ha mai registrato un calo così consistente dal 1995, cioè dall’inizio dell’attuale serie storica. Lo sottolinea l’istituto di statistica precisando che la variazione acquisita per il 2020 è pari a -14,7%. “La stima completa dei conti economici trimestrali conferma la portata eccezionale della diminuzione del Pil nel secondo trimestre per gli effetti economici dell’emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate”, si legge nel comunicato. In ogni caso bisogna tenere conto che il secondo trimestre 2020 ha avuto una giornata lavorativa in meno sia rispetto al trimestre precedente sia nei confronti del secondo trimestre del 2019.

A trascinare la caduta del Pil, spiega l’Istat, è stata soprattutto la domanda interna, con un apporto particolarmente negativo dei consumi privati e contributi negativi rilevanti di investimenti e variazione delle scorte. Anche la domanda estera ha fornito un apporto negativo, per la riduzione delle esportazioni più decisa di quella delle importazioni. In particolare, rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna sono in diminuzione, con cali dell’8,7% per i consumi finali nazionali e del 14,9% per gli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono diminuite, rispettivamente, del 20,5% e del 26,4%.

La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per -9,5 punti percentuali alla contrazione del Pil, con -6,7 punti dei consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private Isp, -2,6 punti degli investimenti fissi lordi e -0,2 punti della spesa delle Amministrazioni pubbliche (Ap). Anche la variazione delle scorte e la domanda estera netta hanno contribuito negativamente alla variazione del Pil, rispettivamente per -0,9 e -2,4 punti percentuali. Si registrano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con agricoltura, industria e servizi diminuiti, rispettivamente, del 3,7%, del 20,2% e dell’11%. Quanto invece alla spesa della famiglie, ha registrato una diminuzione in termini congiunturali del 12,4%. In particolare, gli acquisti di beni durevoli sono diminuiti del 21,4%, quelli di beni non durevoli del 4,4%, quelli di servizi del 15,8% e quelli di beni semidurevoli del 15,1%.

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