È morto a Milano, a 94 anni, Angelo Ratti, ex deportato politico a Mauthausen e Gusen. È stato “per tantissimi anni testimone prezioso della deportazione di fronte a migliaia e migliaia di ragazzi italiani”, commenta l’Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti (Aned) di Milano. I funerali si svolgeranno domani alle 11 al cimitero di Lambrate. “Al figlio e alla famiglia le condoglianze dell’Aned di Sesto San Giovanni -Monza”, scrive l’Associazione nazionale ex deportati.

A ricordare la figura di Ratti è Roberto Cenati, presidente dell’Associazione nazionale partigiani (Anpi) di Milano. Ratti era nato a Cernusco sul Naviglio il 2 maggio del 1926. Per la sua scelta antifascista (il padre era socialista) viene arrestato dalle SS con cinque suoi compagni. Il 18 dicembre 1943 arrivano da Milano alcuni militari tedeschi che, casa per casa, arrestano tutti i componenti del gruppo: Roberto Camerani, Ennio Sala, Quinto Calloni, Virginio Oriani e Pierino Colombo. Angelo, a soli 17 anni, viene trasportato, con i suoi compagni, nel carcere di San Vittore, a Milano. Dopo gli scioperi dei lavoratori contro la guerra e l’occupazione tedesca, il carcere si riempie di operai ed antifascisti. Il 4 marzo del 1944, di notte, con cento prigionieri, Ratti viene chiuso in un vagone merci e fatto partire per la deportazione, con destinazione Mauthausen.

Il 14 maggio del 1944 è inviato con numerosissimi deportati – ricorda Cenati – a uno dei più grandi sottocampi di Mauthausen, Gusen, che raggiunge dopo una marcia di circa otto chilometri, con i piedi ormai piagati dagli zoccoli di legno completamente rotti. Nel maggio del 1945, finalmente libero, torna in Italia, lavora presso una grande azienda editoriale a Milano, dove vive con la famiglia. Diventa un prezioso testimone e guida numerosi viaggi a Mauthausen-Gusen. “Ho avuto modo di conoscere Angelo, punto di forza dell’Aned di Milano – conclude il presidente dell’Anpi milanese – Era sempre disponibile a raccontare le sue terribili vicissitudini. Non si sottraeva mai agli inviti che come Anpi gli rivolgevamo per testimoniare nelle scuole, alle giovani generazioni, con grande sensibilità, la sua tragica esperienza e le nefandezze commesse dai nazifascisti”.

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