È il 27 aprile 1945. Sono passati due giorni da quando il CLNAI (il Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia) ha diramato l’ordine ai gruppi partigiani di scatenare l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dalle forze nazi-fasciste. A Musso, sul Lago di Como, un nucleo di partigiani ha avviato delle trattative con i comandanti di una colonna motorizzata tedesca in ritirata. Uno scontro a fuoco non è consigliabile. La guerra è praticamente finita e, in più, i tedeschi sono molto superiori di numero. Serve un accordo e questo viene trovato: i tedeschi possono perseguire oltre il confine italiano ma in cambio devono consegnare i fascisti che sono con loro al prossimo posto di blocco di Dongo. Le catture si rivelano essere di quelle pesanti: Benito Mussolini, Claretta Petacci e altri sei membri del governo della Repubblica Sociale Italiana. Tra quelli che partecipano alle trattative con i tedeschi c’è anche il calciatore-partigiano Michele Moretti.

Commissario politico della 52a brigata Garibaldi “Luigi Clerici” operante sul monte Berlinghera, tra le province di Como e Sondrio, Moretti ha come nome di battaglia “Pietro Gatti”. È nato a Como nel 1908 da una famiglia di socialisti e già nella seconda metà degli anni trenta è iscritto al Partito comunista clandestino. All’inizio della guerra viene catturato dalla polizia fascista e per lui è prevista la deportazione in Germania. Riesce a fuggire però, entrando in clandestinità. Ma la politica e la Resistenza non solo le sue uniche passioni. In pochi sanno, infatti, che Moretti prima della guerra è stato anche un promettente calciatore. A un passo dalla convocazione con l’Italia di Vittorio Pozzo.

Terzino e poi ala nella Comense (come era chiamato il Como all’epoca) fra il 1927 e il 1935, Moretti è stato un grande protagonista della stagione 1930/31, che vide la squadra lombarda dominare il campionato di Serie C con 90 reti segnate e nessuna sconfitta subita. Successivamente gioca quattro campionati in Serie B, con 83 presenze complessive. Nella stagione 1933/34 ha anche la possibile di giocarsi la A arrivando a un passo dal girone finale per la promozione (andata alla fine alla Sampierdarenese, l’antenata della Sampdoria). Il sentimento antifascista che anima Moretti trova il modo di manifestarsi anche in ambito calcistico. Il 12 febbraio 1932 la Comense viene scelta per sfidare la nazionale svizzera. La squadra lombarda si schiera a centrocampo, pronta a fare il saluto romano. Tutti alzano il braccio, tranne uno. Moretti è rimasto immobile.

Sulla figura di Moretti aleggia anche una domanda che ha origine il 28 aprile 1945: chi ha premuto il grilletto che uccise Mussolini e Claretta Petacci? Tra i dibattiti storici riguardanti i fatti di Giulino di Mezzegra, si è venuta a creare una doppia versione. La prima è quella storica e ufficiale, sostenuta anche dallo stesso Moretti fino al giorno della sua morte, avvenuta il 5 marzo 1995. A uccidere l’ex Duce è stato il colonnello “Valerio” Walter Audisio con il Mas 7,65 dell’ex terzino della Comense. Il mitra di Audisio, infatti, si era inceppato. La seconda, invece, segue la testimonianza del partigiano Guglielmo Cantoni, nome di battaglia “Sandrino”. Egli sostiene che fu Moretti – insieme al colonnello “Valerio” – ad uccidere materialmente il capo del fascismo con una raffica di mitra. Una tesi, quest’ultima, avvalorata anche da numerosi autori e storici.

Articolo Precedente

Ronaldo e quel triste ultimo gol segnato con l’Inter: la punizione show contro il Piacenza prima dell’incubo 5 Maggio all’Olimpico

next
Articolo Successivo

Sla, lo studio: “Confermato che i calciatori si ammalano di più e prima, ma non c’è un nesso con la squadra in cui hanno giocato”

next