Vigilia di Ferragosto, ore 12, Montecitorio: il presidente dell’Inps Pasquale Tridico in audizione svelerà i nomi dei parlamentari che, nonostante una busta paga da 12mila euro netti al mese, hanno chiesto il bonus da 600 euro destinato a lavoratori autonomi e partite Iva per le conseguenze del coronavirus. Due dei tre deputati che hanno ottenuto i soldi dall’Inps già si sanno: sono i leghisti Elena Murelli e Andrea Dara. Il terzo il Cinquestelle Marco Rizzone: giovedì sera il capo politico Vito Crimi lo ha deferito ai probiviri chiedendo l’immediata sospensione una severa sanzione. Resta da sapere chi sono gli altri due parlamentari e chi tra questi ha incassato il bonus. Tridico farà i nomi durante la videoconferenza con i 43 componenti della commissione Lavoro della Camera. Per Murelli e Dara la Lega ha scelto di risparmiarsi la gogna in audizione e ha optato per la sospensione in anticipo. Matteo Salvini domenica 9 agosto aveva annunciato la linea dura: “In qualunque Paese al mondo, tutti costoro si dimetterebbero“. Poi in meno di tre ore, dopo aver scoperto che lo scandalo coinvolgeva anche i leghisti, aveva subito innestato la retromarcia e corretto la traiettoria: “Immediata sospensione“.

Una fortuna anche per i nove consiglieri regionali del Carroccio coinvolti. Sull’intera lista dei circa 2mila amministratori locali che hanno chiesto il sussidio resterà il mistero anche dopo l’audizione di Tridico. Per ora i nomi stanno uscendo a grappoli, tra autodenunce e rivelazioni dei giornali locali: per questo Il Fatto Quotidiano chiede di divulgare le generalità dei politici (Fuori i nomi – firma qui la petizione). E se alcuni consiglieri comunali sono usciti allo scoperto – dopo il primo outing della milanese Anita Pirovano – rifiutando un paragone con i deputati e i loro lauti stipendi, discorso diverso va fatto per gli eletti in Regione che vantano un’indennità che può oscillare tra gli 8mila e i 12mila euro al mese. E allora, man mano che le richieste all’Inps vengono allo scoperto, prosegue anche il valzer delle giustificazioni: dagli inconsapevoli, perché “è tutta colpa del commercialista” (a volte, compagna e commercialista) ai Robin Hood dei 600 euro, sedicenti paladini che volevano intenzionalmente punire una legge a loro dire sbagliata e fare beneficenza.

“Io non lo sapevo”, è una delle scuse più gettonate. L’ha utilizzata anche il vicepresidente leghista del Veneto, Gianluca Forcolin, che il bonus lo ha chiesto ma non ottenuto. A chiederlo per lui è stato lo studio di commercialisti di cui è socio: la richiesta è partita “in automatico“. In Veneto sono coinvolti anche altri due leghisti e consiglieri regionali, Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli, che ha provato a correre ai ripari stornando i 600 euro alla Protezione civile. Vista l’indulgenza di Salvini con i deputati Murelli e Dara, i tre leghisti speravano così di riuscire a cavarsela. Ma in Veneto tra poco più di un mese ci sono le elezioni e Luca Zaia vuole evitare contraccolpi alle urne: nessuno dei tre sarà ricandidato. La sospensione è arrivata anche per Stefano Bargi, il consigliere regionale emiliano-romagnolo della Lega, che il bonus invece lo rivendica: “Quando ci hanno detto che come società ci spettava, con i miei soci abbiamo deciso di richiederlo”. Sospeso anche il leghista Ivano Job, consigliere provinciale Trentino che grazie al contributo messo a disposizione dalla Provincia è arrivato a intascare circa 5mila euro di beneficio.

La lista degli esponenti del Carroccio che hanno preso il bonus nonostante le generose indennità regionali intanto continua ad allargarsi, insieme con l’elenco delle giustificazioni: ci sono i casi già emersi nei giorni scorsi in Piemonte di Matteo Gagliasso e Claudio Leone, che ha parlato di una scelta presa “forse a cuor leggero“. Il leghista ligure Alessandro Puggioni invece ha annunciato che non si candiderà dopo aver preso il bonus. Mentre la new entry di giovedì è Alex Galizzi, consigliere in Lombardia. Che per giustificare i soldi incassati dall’Inps va in cortocircuito: prima dice che è stato lui stesso a dare “l’ok per richiederlo”, poi però se la prende con la legge perché “bastava mettere un limite sul reddito dell’anno precedente e problemi non ce ne sarebbero stati”.

Con il consigliere del Pirellone diventano nove gli esponenti regionali del Carroccio coinvolti, oltre al caso del sindaco leghista di Treviglio, Juri Imeri. La Lega lo sta difendendo: “Non si toccano gli amministratori locali”. La sua indennità è pari a 3.346 euro lordi al mese e lui a ilfattoquotidiano.it si lamenta per “una vacanza rovinata. Riguarda un sindaco anche l’unico caso tra gli amministratori che per ora ha coinvolto il M5s: si tratta di Roberto Gravina, primo cittadino a Campobasso. Anche lui si difende e rifiuta un paragone con i deputati: “Io non vivo di politica, faccio l’avvocato, quella erogazione l’ho immediatamente devoluta al fondo del Comune”, ha spiegato, ricordando inoltre che il bonus “da parte della Cassa forense viene riconosciuto a chi ha dimostrato di aver avuto un calo del fatturato“.

Se la Lega per ora la fa da padrona, i 600 euro restano comunque un bonus bipartisan: oltre al primo caso nei Cinquestelle (in attesa del nome del terzo deputato), ci sono anche quelli che coinvolgono il Partito democratico. Il consigliere regionale piemontese Diego Sarno si è autosospeso dal partito. A lui probabilmente spetta il primo premio per la scusa più complessa: la sua compagna fa la commercialista e “gestisce la contabilità riguardante la mia attività professionale”, ha spiegato in un lunghissimo post su Facebook. Così è capitato che “durante il lockdown, per provare diverse procedure ha usato la sua partita Iva e anche la mia”. Da lì l’inghippo: “Quando è uscito il bonus per gli autonomi, ha usato la mia partita Iva per provare la procedura e nella contemporaneità di quelle degli altri clienti, ha concluso la mia per errore“. Ma il consigliere non si è preoccupato, dando per scontato che i 600 euro gli sarebbero stati negati. E invece no. Perciò è scattato il piano B, alias donarli in beneficenza. La donazione dei 600 euro a enti caritatevoli è un altro must delle scuse di chi ha preso il bonus per il Covid. Non è il caso però del consigliere di Forza Italia in Friuli-Venezia Giulia: Franco Mattiussi, che si è intascato sia i 600 euro che i 5.400 per la sua attività alberghiera e ha subito chiarito come li ha spesi: “Le bollette continuavano ad arrivare”. Il Messaggero Veneto ha ricordato che Mattiussi gestisce due alberghi, una trattoria e un bar.

Nel Lazio, Il Fatto Quotidiano ha scoperto che tra le richieste del bonus c’è stata anche quella di Teresa Carbone, moglie dell’ex sindaco di Amatrice e attuale consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Sergio Pirozzi. La donna gestisce una piccola attività commerciale nella cittadina in provincia di Rieti, distrutta in seguito al sisma di 3 anni fa. “Il terremoto ha reso inagibile il negozio – spiega Pirozzi – Ci siamo rialzati, abbiamo ricostruito. Poi è arrivato il Covid. Mia moglie rischiava di chiudere e ha chiesto il bonus. Lei, non io. Non credo che sia equiparabile ad altri casi”. La società vede i due coniugi soci al 50%: “Ma è tutto intestato a mia moglie, dal conto corrente alle utenze. Lei ha sempre rivendicato la sua indipendenza economica, negargliela oggi sarebbe sessismo al contrario”. Pirozzi ricorda anche che “per opportunità mia moglie non ha partecipato al bando di Lazio Innova che le avrebbe permesso di ottenere 10mila euro per la ricostruzione”. Il gruppo di Fdi in Regione Lazio per il momento non ha preso in esame la questione.

Avendo ingolosito consiglieri regionali di maggioranza e opposizione, non potevano mancare anche consiglieri regionali di liste civiche e partitini con in tasca il bonus da 600 euro. In Friuli hanno preso i 600 euro il consigliere della lista “i Cittadini” Tiziano Centis e l’ex presidente di Regione ora nel Misto, Renzo Tondo. Nelle Marche, ha ricevuto i soldi dall’Inps l’assessore regionale Moreno Pieroni, iscritto al Psi ed eletto nel listone Uniti per le Marche che sostiene la maggioranza dem. In Alto Adige coinvolti nello scandalo sia maggioranza che opposizione: lo hanno chiesto 3 consiglieri provinciali della Svp (lo ha preso solo Helmut Tauber) e il leader del Team K Paul Köllensperger. Da segnalare la scusa orchestrata dall’assessore Arnold Schuler: pur ammettendo di non aver avuto svantaggi economici dal coronavirus, ha spiegato di aver chiesto comunque i 600 euro per mostrare che erano una “misura inefficiente“. Ma, ha ammesso lo stesso assessore Svp, “il mio progetto rimane una teoria“. Infatti i soldi del bonus non li ha ricevuti: evidentemente i controlli hanno funzionato, senza nessuna inefficienza, almeno in questo caso.

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