di Franco Failli

L’oggetto simbolo di questi tempi di prudenza e di allarme, quello che ci ricorderemo in futuro, è la mascherina. La mascherina, o la sua assenza, monopolizza il dibattito, da mesi. Ma c’è un altro protagonista delle nostre giornate. Più sommesso, meno in vista, ma assolutamente capace di crearci ancora più problemi di quella mutandina da volto che ci sega dietro le orecchie peggio del ricciolo dei Ray-Ban.

Sto parlando del dispenser. Quello del disinfettante. Quello che troviamo non appena entriamo dovunque. Credo che abbiamo avuto modo tutti di accorgerci di quanto esso sia infido. Vorrei allora fare una breve panoramica a loro dedicata. Forse sarà utile.

Il dispenser idrante: maschera dietro una apparenza dimessa la potenza di una idropulitrice. Appena sfiorato, dal suo beccuccio parte un getto ad alta pressione che vi irrora tutto quanto il pensabile, tranne che le dita e il palmo della mano che voi, fiduciosi, avevate posizionato al di sotto di esso. Il dispenser idrante si avvale nella sua opera distruttrice di un saponcello lieve, di densità poco più che acquosa (annacquata?) che non chiede di meglio che di sprizzare in giro come da una risorgiva.

Il dispenser lascivo: non vi dimenticherete facilmente di lui perché esso, una volta stimolato, secerne una sostanza che si spanderà sulle vostre mani e non le lascerà più. La sensazione di aver infilato le mani in un bidone di olio lubrificante resisterà ad ogni scuotimento e tentativo di evaporazione. Le vostre impronte digitali allieteranno l’estetica dei vostri occhiali, dei vostri pantaloni e della tappezzeria di tutte le auto i cui proprietari saranno abbastanza sfortunati da ospitarvi. Vi libererete dal ricordo del dispenser lascivo solo con la doccia successiva, forse.

Il dispenser acquasantiera: in questi mesi di turismo culturale visiterete certo meravigliose basiliche e cattedrali. Al loro ingresso troverete infallibilmente un innocente dispenser, talvolta poggiato su apposito espositore cartonato che si sfascerà non appena premerete sul beccuccio, talvolta adagiato, storto, sulla austera seduta di paglia di una sedia devozionale. La posizione di questi dispenser tende a ingannare i visitatori: se ne vedono che dopo essersi aspersi le mani si fanno il segno della croce. Avveduti pievani potrebbero cogliere l’occasione e benedirli, adottandoli come moderni sostituti delle romantiche conchiglie, oggi a grave rischio di diffusione del contagio, e quindi deserticamente asciutte.

Credevo di averle viste tutte, quando mi sono invece imbattuto in un dispenser sovrastato da un monitoruccio nel quale ci si poteva webcamicamente specchiare, con un cartello che invitava perentoriamente a guardare il monitor mentre si spillava il salvifico balsamo. Ma perché? Il mistero non veniva rivelato, e la curiosità da allora mi accompagna. Ma proprio grazie a questo criptico dispositivo, me ne sono venuti in mente altri, che potrebbero movimentare ulteriormente la nostra vita di forzati della disinfezione.

Il dispenser a sonagli: annunciato dal tipico tintinnio, obbliga il visitatore negligente a mescersi, per sua e comune sicurezza, una doppia dose di disinfettante. Infatti insieme alla prima dose viene miscelato un veleno letale, che solo nella seconda dose trova il suo antidoto.

Il dispenser caleidoscopio: in realtà fa parte di una famiglia che elargisce essenze colorate, e indelebili, che testimoniano con le loro varie sfumature l’itinerario percorso nella giornata. Utile per gli smemorati e temutissimo dai fedifraghi.

Il dispenser riempi-dispenser: visti i prezzi da profumeria sibaritica raggiunti dalle microscopiche bottigliette di soluzioni alcoliche che si trovano in giro, prevedo a breve l’installazione da parte di previdenti commercianti di maxi dispenser utilizzabili per il rifornimento della propria scorta di emergenza personale, prontamente esauritasi dopo il suo primo uso. Le idee le cedo gratis, senza responsabilità.

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