“Rivoluzione, rivoluzione”, “Impicchiamoli tutti”. Sono gli slogan che si sono alzati da piazza dei Martiri a Beirut, dove è esplosa la rabbia di migliaia di manifestanti contro politici e istituzioni, ritenuti responsabili dell’esplosione del 4 agosto che ha causato più di 150 morti e oltre cinquemila feriti, con circa cinquanta persone che risultano ancora disperse. Negli scontri con la polizia a colpi di lacrimogeni e pallottole di gomma, riferisce la Croce Rossa libanese, oltre 230 persone sono rimaste ferite: 63 sono state portate in ospedale e le altre sono state curate sul posto. Un agente delle forze dell’ordine ha invece perso la vita, stando a quanto ha dichiarato un portavoce delle autorità citato dal quotidiano Asharq Al-Awsat.

Nel corso del pomeriggio di sabato il centro città è diventato teatro di guerriglia urbana: da un palazzo antistante alla piazza si sono levate colonne di fumo nero, mentre la protesta si è subito spostata nella strada che conduce al Parlamento. Un drappello di cittadini, guidati da un manipolo di veterani dell’esercito in pensione, ha anche assaltato la sede del ministero degli Esteri, dove è stata rimossa e gettata a terra la foto del presidente della Repubblica Michel Aoun. Sul posto è poi arrivato l’esercito per avviare le trattative: dall’interno, i manifestanti hanno chiesto che vengano processati i responsabili dell’esplosione e le dimissioni dell’attuale leadership politica. “Vogliamo che Beirut sia una città priva di armi”, si legge in uno striscione. Secondo quanto riferito dall’emittente al-Arabiya, il ministero è stato ribattezzato “sede della Rivoluzione”. In serata lo sgombero. Durante gli scontri sono stati presi d’assalto anche la sede del dicastero del Commercio e quella dell’Associazione delle banche al grido “Abbasso il regno delle banche!”.

Quella che si è svolta a Beirut è la prima grande manifestazione dopo la tragedia di martedì per protestare contro la classe politica, accusata di aver causato lo sfacelo economico che da mesi ha disintegrato la classe media e provocato il default del Paese, dove migliaia di bambini sono ridotti alla fame e i prezzi dei beni di prima necessità sono ormai alle stelle. Gli scontri con gli agenti sono iniziati nel primo pomeriggio, quando l’esercito è intervenuto per disperdere un corteo che cercava di dirigersi verso la sede del Parlamento. I manifestanti sono riusciti a rimuovere le barriere di cemento che le forze della sicurezza avevano posto attorno al palazzo per proteggerlo. Hanno lanciato pietre contro la polizia e sono stati respinti da lacrimogeni e pallottole di gomma. Dopo poche ore, in tutta l’area è saltata anche la connessione a Internet per cause ancora da accertare: anche nelle scorse settimane la rete era stata interrotta per malfunzionamenti tecnici, ma i media ipotizzano che la nuova interruzione sia stata decisa dalle autorità per limitare la capacità dei manifestanti di comunicare online tra loro e diffondere immagini delle violenze in corso. Nonostante la guerriglia, però, la politica rimane ferma sulle sue posizioni. Il premier Hassan Diab ha invitato in diretta tv i partiti politici a risolvere la crisi del paese in due mesi, pena le elezioni anticipate. Niente dimissioni, quindi, ma un ultimatum a tutta la classe dirigente: “Ora è il momento della responsabilità collettiva. Vogliamo una soluzione per tutti i libanesi”.

A testimonianza di quanto sia alta la tensione nel Paese, i manifestanti hanno pure allestito in piazza una serie di finti patiboli, a simboleggiare la volontà popolare di impiccare gli uomini al governo e i rappresentanti istituzionali per le loro responsabilità. Tra gli slogan diffusi sui social network e in piazza “Montate i patiboli”e “Impicchiamoli tutti!”, con sullo sfondo l’immagine delle gru del porto trasformate in forche. Un manichino che ritrae Hasan Nasrallah, leader degli Hezbollah libanesi e considerato un discendente del profeta Maometto, è stato appeso a un finto-patibolo di legno in piazza dei Martiri. Un gesto che ha subito provocato la reazione dei seguaci di Hezbollah, i quali sono scesi a loro volta in strada, nel vicino quartiere di Zoqaq al Blatt, contro i manifestanti anti-governativi. Per ora l’esercito libanese si è frapposto tra le due fazioni, impedendo lo scontro.

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