Dietro le ultime mosse turche a Santa Sofia e davanti all’isola di Kastellorizo l’ipotesi è quella di una nuova crisi finanziaria, dopo quella in cui piombò la lira turca 24 mesi fa. La Turchia potrebbe scottarsi ancora a fronte delle politiche economiche intraprese negli ultimi due anni? Alcuni elementi fanno pensare di sì, anche in considerazione del fatto che la lira turca è sopravvalutata proprio in questa fase di debolezza. Il deficit, la fortissima dipendenza dal capitale straniero e l’imprevedibile presidente che domina la politica monetaria rappresentano elementi elementi di oggettiva criticità che si aggiungono ai danni provocati dal Covid.

L’inflazione aumenta – oggi sfiora il 13% quando a ottobre 2019 era all’8,6% – mentre le esportazioni in aprile sono diminuite del 10,9%: uno scenario che potrebbe incidere sul futuro dell’economia turca, che vede probabile la sua seconda recessione in un biennio. Anche la fuga di capitali stranieri potrebbe incidere, dopo fasi di abbondanti fondi esteri soprattutto qatarioti che hanno aiutato l’economia a crescere. La stretta monetaria potrebbe avere un effetto disastroso anche per il futuro politico dell’Akp, oltre che per i conti del paese.

Inoltre Erdogan sta puntando molto su un nuovo canale a Istanbul che, nelle intenzioni, dovrebbe ridurre del traffico di navi cisterna nello stretto del Bosforo. Per ora il progetto ha avuto come unica conseguenza l’aumento dei prezzi nell’area mentre i media hanno rivelato che l’emiro Moza Nasser e alcuni ministri turchi, incluso il genero di Erdogan, il ministro delle finanze Berat Albayrak, sarebbero tra gli acquirenti. Proprio Albayrak è uno dei personaggi più controversi del governo, avendo per sé il delicato dicastero del Tesoro che gestirebbe in maniera poco autonoma, vista la parentela con il presidente.

E così si delinea la possibile creazione di una Turk bad bank per contenere i miliardi di dollari di prestiti in sofferenza, così come da indicazioni di Ernst & Young, che ha consegnato il suo progetto per la creazione di una società di gestione patrimoniale (AMC) ai banchieri turchi. Il nodo è rappresentato dal volume del debito in sofferenza, a cui occorrerebbe far fronte in maniera decisa prima che si inneschi quella che alcuni analisti hanno definito “una lenta combustione”, anticamera al default.

Al momento ci sono almeno 22 miliardi di prestiti in sofferenza, retaggio della crisi valutaria del 2018, che di fatto mise a nudo tutti i limiti del sistema turco. A lanciare l’allarme sui conti anche l’ex presidente turco Abdullah Gül, e già sodale di Erdogan, secondo cui gli indicatori economici stanno andando a ritroso e “il paese è preda di una mancanza di strategia basata sul lungo termine, sull’analisi e sulla competenza: una situazione preoccupante.”

L’unica voce positiva viene dal sostegno esterno: un accordo di cambio con il Qatar ha portato ad Ankara 15 miliardi di dollari in riserve di valuta estera. Ma dovrà rimborsare 169 miliardi di dollari debito. Per questa ragione la Turchia mira a incamerare risorse energetiche e influenze commerciali: lo dimostra l’atteggiamento su Cipro e in Libia, che sono l’altra faccia della medaglia.

Il fronte navale sull’isola greca di Kastellorizo, dopo essere giunti ad un passo dallo scontro armato con la Marina ellenica, resta ancora caldo: la cancelliera tedesca Angela Merkel ha ribadito a Erdogan in una conversazione telefonica che “i greci non scherzano, se Ankara continua così avrà molti problemi, non solo con la Grecia”. Un intervento decisivo, come quello del presidente francese Emanuel Macron, che ha tra l’altro anche interessi diretti nella Zona economica esclusiva di Cipro con la Total, aggiudicatrice delle licenze di esplorazione assieme all’italiana Eni.

Il fronte franco-tedesco si è rivelato granitico per contrastare Erdogan: lo dimostra la decisione delle ore successive del governo turco di non portare la nave da ricerca Oruc Reis fuori dal porto per le indagini. Secondo la cancelliera “la Turchia avrà molti problemi, non solo con la Grecia, ma con tutta l’Europa, se continuerà le sue sfide e le conseguenze saranno molto gravi”. Intanto si apprende che l’ambasciata turca a Washington ha cancellato un tweet in cui affermava che la Oruc Reis avrebbe iniziato le ispezioni sismiche intorno alle 23,45 di sabato scorso.

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