C’è un contrasto evidente tra l’entusiasmo con cui i leader europei, e il nostro presidente del consiglio Conte, hanno salutato l’accordo sui fondi da destinare ai paesi europei da un lato e i commenti duri e amari degli ambientalisti dall’altro, a partire da Greta Thunberg, che ha parlato di “briciole”, di parole “vaghe” che non renderanno possibile in alcun modo il raggiungimento dei target climatici.

E tutto questo nonostante il 30% delle risorse stanziate dovrà essere destinato al clima, mentre tutti gli investimenti devono rispettare il target della neutralità climatica entro il 2050. Certo, è stato tagliato massicciamente l’importante “Just transition fund”, destinato alla decarbonizzazione dei paesi ancora dipendenti dai fossili, così come sono scese le risorse per la ricerca, per la salute e per i giovani. Eppure, politicamente parlando, si tratta di un accordo storico che non era scontato raggiungere e quindi la soddisfazione dei governi europei è comunque legittima.

Come comporre allora il dissidio? Chi ha ragione e chi ha torto? In realtà hanno ragione entrambi, sia Greta Thunberg che i leader europei. Perché si muovono su due piani diversi: Greta Thunberg su quello della scienza e dei dati della scienza, i nostri governanti su quello politico. Purtroppo gli esperti ci chiedono riforme e tagli alle emissioni che sono ambiziosi e complicati da raggiungere sul piano pratico.

Ma non possono fare altrimenti: se dobbiamo contenere il clima della Terra entro 1,5 gradi, come stabilito dall’accordo di Parigi, la quota di emissioni da tagliare è letteralmente matematica. E imponente. Non c’è altra scelta, quello si deve fare, come la giovane attivista ricorda costantemente. Dall’altra, la politica ha tempi diversi. Nasce dalla fatica dell’accordo, dallo scontro di visioni, da una materia impura qual è quella delle emozioni e dei caratteri dei singoli leader, da esigenze contrapposte e radicalmente divergenti che vanno composte.

E dunque se si vuole passare attraverso la democrazia, e non instaurare una eco-dittatura, non possiamo che agire in questo modo. Questo sarebbe un meccanismo fisiologico se avessimo più tempo a disposizione, invece ne siamo drammaticamente a corto. Perché se la politica avesse cominciato a cercare accordi per contenere la crisi climatica trent’anni fa almeno con la stessa urgenza di ora, il pungolamento continuo degli scienziati avrebbe avuto modo di influenzare i leader progressivamente.

Purtroppo, mentre gli scienziati continuano a lanciare allarmi, la politica non ha fatto nulla, in Italia in particolare, dove gli esperti hanno sempre contato zero, fino a che si è arrivati all’emergenza totale. E questo significa uno scontro frontale tra esperti e politici. Per certi versi è psicologicamente logorante anche per i cittadini, che da un lato sentono parlare di fondi che andranno a beneficio del clima e del Green new deal, dall’altro di accordi che nulla valgono e che non aiuteranno l’emergenza climatica. Con tutto ciò che ne consegue.

E tuttavia, ripeto, lo scenario non può che essere questo. Con attivisti e esperti – come quelli che hanno firmato la lettera ai leader europei, #FaceThe ClimateEmergency (insieme a Greta ambientalisti di tutto il mondo, scienziati, ma anche attori come Leonardo Di Caprio e Ben Stiller) – che continuano a lanciare allarmi, sempre più ascoltati e sempre più condivisi, e i politici dall’altro, che dovranno rendere conto a un’opinione pubblica sempre più spaventata per la devastazione ambientale (anche se non abbastanza, anche a causa di un racconto mediatico della crisi ecologica pressoché assente).

Nel frattempo, l’autorevolezza di Greta cresce e questo significa anche fondi crescenti, che l’attivista ha mostrato di sapere gestire molto bene, creando una fondazione a suo nome che devolve tutto il denaro ricevuto da premi e riconoscimenti in appoggio a cause ambientali. Come l’ultimo, il Premio Gulbenkian per l’Umanità, un milione di euro, di cui già già centomila sono andati all’organizzazione Sos Amazzonia.

E non c’è dubbio, ci sarà un felice momento in cui l’opinione pubblica sarà compatta sui temi climatico-ambientali, grazie alla voce della scienza e degli attivisti, e forse anche a media meno indifferenti, e questo costringerà la politica ad accordi dove il clima è in primo piano assoluto. Purtroppo, non sappiamo se faremo in tempo ad arrivare a questo punto prima che il clima si sia definitivamente stravolto. Ma non possiamo far altro che continuare ad agire e sperare.

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