Dopo il via libera del Consiglio Ue all’ultima proposta sul Recovery Fund, la palla torna in mano ai governi nazionali che, dopo la ratifica dell’accordo da parte del Parlamento, per poter accedere ai fondi a loro destinati dovranno presentare al più presto un piano di riforme da mettere in campo proprio grazie al supporto dei nuovi fondi europei. Sarà questo il primo passo che porterà l’Italia e tutti gli altri Paesi verso l’autunno, quando saranno le istituzioni europee a valutare le proposte dei singoli Stati prima dell’approvazione del prossimo Bilancio settennale dell’Unione, al quale il programma di aiuti è collegato.

Il Piano di Rilancio: task force e confronto con le opposizioni
Il prossimo passo da compiere sarà la ratifica da parte dei parlamenti nazionali, a causa della nuova clausola di indebitamento della Commissione. Dopodiché, come ha anticipato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel corso della conferenza stampa al termine del vertice europeo, dovranno essere messe nero su bianco delle proposte di riforme da presentare a Bruxelles per poter beneficiare dei 209 miliardi destinati all’Italia. “Abbiamo già elaborato dei progetti condivisi con le varie componenti della società – ha dichiarato – Rimane un ultimo confronto con le opposizioni. La costituzione di una task force operativa, al di là di uno staff che ha già lavorato al piano di rilancio, sarà una delle priorità che andremo a definire in questi giorni, perché dovrà partire al più presto”.

“Velocità” è la parola chiave, come raccomandato anche dal commissario Ue agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, che ha più volte ricordato l’importanza di ricevere le proposte al massimo entro l’autunno: il documento che il governo invierà “dovrà contenere proposte specifiche su investimenti e riforme, con tempistiche e tappe molto chiare e dovrà includere le priorità condivise a livello Ue, come il Green Deal e la transizione digitale, oltre alle raccomandazioni che la Commissione pubblica per ogni Paese. Speriamo di riceverlo già a ottobre perché poi ci servirà tempo per il dialogo e per l’approvazione. Dobbiamo avere la certezza che i programmi nazionali siano coerenti con le priorità europee”.

Il premier ha assicurato che il Piano di Rilancio verrà scritto dopo un confronto con le opposizioni che, soprattutto da Forza Italia, chiedono il passaggio parlamentare.

La valutazione della Commissione e il passaggio in Consiglio
Secondo il documento siglato dai 27 Paesi che hanno preso parte al vertice, i piani di recupero e resilienza dovranno essere valutati dalla Commissione entro due mesi dalla presentazione. I vertici di Palazzo Berlaymont, in particolare, dovranno verificare che le riforme proposte siano coerenti con le raccomandazioni specifiche e puntino, tra le altre cose, a rafforzare il potenziale di crescita, la creazione di posti di lavoro e la resilienza economica e sociale. “Anche la transizione verde e digitale costituiscono prerequisiti per una valutazione positiva”, si legge.

Dopo il passaggio in Commissione, ad approvare i piani di riforme sarà il Consiglio Ue. Passaggio, questo, molto discusso durante l’incontro, visto che i frugali, con il premier olandese Mark Rutte in testa, chiedevano la possibilità di veto sui singoli programmi. Una “linea rossa” sulla quale Conte non ha voluto negoziare. Così il Consiglio dovrà dare il via libera a maggioranza qualificata (il 55% degli Stati pari ad almeno il 65% della popolazione Ue) entro quattro settimane dalla presentazione del piano della Commissione.

A quel punto, l’ultimo passo si compirà in sede di Parlamento Ue, dove dovrà essere approvato il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-27 al quale è collegato anche il Recovery Fund. Uno stallo eccessivo in plenaria rischia di rallentare anche il via libera allo stanziamento dei fondi europei per la ripresa dalla pandemia.

2021: entrata in vigore del nuovo bilancio e monitoraggio
Con l’entrata in vigore del nuovo bilancio settennale dell’Ue inizierà anche il pagamento delle prime tranche di fondi. Secondo il documento finale dell’accordo, il 70% dei trasferimenti arriveranno nel 2021 e nel 2022, il restante 30% entro la fine del 2023. In questo periodo di tempo, il Comitato economico e finanziario dell’Unione europea vigilerà sul rispetto del mandato in base ai principi stabiliti dall’accordo e dalle proposte di riforma approvate in sede di Consiglio. Se, in casi eccezionali, uno dei Paesi membri dovesse ravvisare delle violazioni a questi criteri può rivolgersi al presidente del Consiglio Ue e chiedere che la questione finisca sul tavolo dei 27 prima che venga presa qualsiasi decisione: si tratta del cosiddetto “super freno di emergenza” richiesto da Rutte e dagli altri frugali.

Per i fondi da stanziare nel 2023 verranno fatte valutazioni che prenderanno in considerazione altri criteri rispetto a quelli utilizzati nel primo biennio, considerato il periodo di prima risposta all’emergenza economica. Il criterio della disoccupazione, che era stato criticato dai frugali perché ritenuto legato a problemi antecedenti alla pandemia, verrà rimpiazzato dalla perdita cumulata del Pil registrata nel 2020-21, che sarà calcolata entro il 30 giugno 2022. Se si prendono come base le previsioni della Commissione, è improbabile che questo cambiamento di chiave per il 2023 penalizzi l’Italia che, nel 2020, dovrebbe registrare la peggior caduta del Pil dell’intera Ue e nel 2021 registrare una ripresa in linea con la media dell’area euro.

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