Può sembrare una questione di poco conto, una bega locale che poco interessa i cittadini italiani. Eppure quello che si è consumato due giorni fa a Roma nell’aula del Comune racconta moltissimo della crisi del Movimento 5Stelle. Una crisi di identità politica, perduta negli anni e che oggi risulta opaca e contraddittoria. Non a caso il provvedimento di cui parlo in questo post è stato votato anche dalla Lega e da Forza Italia. Qual è dunque la misura? Il punto di partenza era quello – in teoria nobile – di aiutare i ristoratori messi in ginocchio dalla crisi. Ristoratori che comunque – ovviamente non tutti, ma molti – hanno in questi anni guadagnato tantissimo molto spesso nel disprezzo delle regole; a partire, appunto, dall’occupazione indiscriminata di suolo pubblico per finire con l’utilizzo dei cassonetti dei residenti per rovesciare avanzi e resti a piacere, spesso di notte, mandando immigrati e lavoratori tenuti magari in nero.

Si era partiti con l’idea dell’assessore allo Sviluppo economico, Carlo Cafarotti, di aumentare lo spazio per i tavolini, ma con delle regole, quindi, anche, per un tempo limitato, per evitare appunto una deregulation che avrebbe portato Roma a una situazione di totale anarchia da cui sarebbe stato ben difficile tornare indietro. E invece. Invece l’aula ha votato la proposta del presidente della commissione commercio Andrea Coia, personaggio che politicamente coi Cinque Stelle non dovrebbe entrarci per nulla e che invece a Roma domina su temi cruciali come appunto la ristorazione, nell’assoluto silenzio e impotenza della sindaca. Grazie alla delibera i ristoratori, e non solo, potranno aumentare i tavolini del 50% in aree storiche e del 70% fuori dal centro. I tavolini potranno essere messi a 25, sì 25 metri di distanza dal locale se il locale non ha posto fuori e potranno occupare anche le strisce blu riservate alle macchine. Il tutto fino al 31 ottobre 2021, quando sarà praticamente impossibile far tornare indietro bar e ristoranti da una situazione ultraconsolidata.

Da cittadina di Roma, che ormai vede la sua città in una inarrestabile decadenza, questa decisione provoca sincero sconforto. E non solo in sé, noi romani siamo abituati a vedere i tavolini messi nei posti più assurdi, vedere arredi urbani incredibili e non autorizzati piazzati su strade e marciapiedi, ma anche per ciò che simboleggia. Ovvero che 5Stelle, almeno a Roma, sono allo sbando, spaccati – non a caso il vice-sindaco Luca Bergamo ha dimostrato la sua totale contrarietà, mentre molti altri consiglieri non si sono presentati alla votazione – e soprattutto privi di ogni visione del futuro della città.

Il grillino Andrea Coia ha detto che “non si tratta di essere di destra o di sinistra” ma solo di essere pragmatici. Ma allora non si vede in che cosa Coia sarebbe diverso da un leghista o da uno di Forza Italia. Al contrario, una forza politica con una visione della città, con un’idea di futuro, dovrebbe avere le idee (politiche) chiarissime. E quindi avrebbe dovuto aiutare i ristoratori stabilendo regole precise e severe, pur nel sostegno, e non consegnare a loro il centro storico e la città. Se, come tante volte Raggi ha dichiarato, si vuole una città veramente verde, veramente sostenibile il decoro avrebbe dovuto essere il faro da seguire, e mai si sarebbe dovuti arrivare a questo esito vergognoso.

Contro cui, ovviamente, stanno partendo una raffica di ricorsi legali da parte delle associazioni del centro storico, visto che già i tavolini sono stati messi ovunque, occupando, come a Rione Monti, marciapiedi su passano i pedoni – e dunque anche bambini e disabili, costretti a camminare in strada – impedendo il passaggio delle ambulanze, coprendo quei pochi posti auto regolari che ancora rimangono a Roma.

In tutto ciò la cosa che più sconcerta è il silenzio assoluto di Virginia Raggi su questo provvedimento e in generale su come lei immagina Roma nel futuro, visto che forse sarà anche ricandidata. Sembra invece che abbia appaltato completamente la questione ad altri, tra cui Coia appunto, il quale (forse) gli avrà suggerito che in campagna elettorale il voto dei ristoratori è meglio tenerselo. Dimenticando la lezione che forse 5Stelle avrebbero dovuto imparare dal Pd e cioè che se snaturi la tua identità con provvedimenti di “destra” per cercare il consenso perdi quelli che invece ti avevano votato per convinzione.

Non è un caso forse che in un recente sondaggio sui sindaci italiani – anche se, ammetto, non ne conosco la validità scientifica – quanto a gradimento la Raggi risulta 104esima su 105. L’ho scritto mille volte e non lo voglio ripetere: la sindaca ha mille pregi, è trasparente, pulita, onesta. Ma non basta riempire ogni giorno la pagina Facebook con le piccole e grandi cose fatte, la strada sfilata di qua, la scuola rifatta di là, se non si ha una visione politica forte, che sappia indicare la via giusta quando c’è scontro, come nel caso dei tavolini, appunto. Anzi, l’elenco delle belle cose fatte risulta paradossalmente quasi un po’ fastidioso: va bene, state lavorando per la città, ma noi che cosa ci dobbiamo aspettare? Qual è la Roma del futuro che avete in mente? Dove volete portarci? Perché la sciagurata votazione a favore della più completa deregulation sembra portarci indietro. Altro che futuro green, qui siamo al Medioevo. Oltre che alla confusione politica più completa.

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