Inizia oggi in Corte d’Appello a Roma il processo bis di secondo grado per l’omicidio di Marco Vannini, ucciso a 20 anni il 17 maggio 2015 dallo sparo della pistola di Antonio Ciontoli, padre della sua ragazza Martina, mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli. “Ci aspettiamo giustizia e verità per Marco”, ha detto la madre Marina Conte arrivando, assieme al marito Valerio, in Corte d’Appello. Dove il procedimento è cominciato con una dichiarazione spontanea di Federico Ciontoli, figlio di Antonio e anche lui imputato: “La verità è che io ho chiamato i soccorsi pensando che si trattasse di uno spavento“, ha spiegato. Aggiungendo che “mio padre diceva che Marco si era spaventato per uno scherzo“. “Dichiarazione vergognosa, nemmeno una parola per Marco”, ha replicato Marina Conte. “Ancora non riescono a capire che è morto un ragazzo di 20 anni. Continuano a girare il coltello nella ferita“, ha aggiunto la madre al termine dell’udienza svolta a porte chiuse per l’emergenza coronavirus.

“È stato fino ad oggi ripetutamente detto, solo sulla base di supposizioni, e questo è presente addirittura in alcuni atti processuali, che anche a costo di far morire Marco io avrei nascosto quello che era successo“, ha detto in Aula Federico Ciontoli cominciando la sua dichiarazioni spontanea. “La verità – ha proseguito – è che io ho chiamato i soccorsi pensando che si trattasse di uno spavento, figuriamoci se non l’avrei fatto sapendo che era partito un proiettile“. “Se avessi voluto nascondere qualcosa – ha aggiunto – perché avrei chiamato subito l’ambulanza di mia spontanea volontà dicendo che Marco non respirava e perché avrei detto a mia madre che non mi credevano e di fare venire i soccorsi immediatamente? Vi prego: non cadete in simili suggestioni che sono totalmente contraddette dalla realtà”, ha spiegato Federico Ciontoli.

Poi dalla sua dichiarazione spontanea emerge un altro dettaglio: “Mio padre diceva che Marco si era spaventato per uno scherzo, e io gli credetti perché non c’era nessuna ragione per non farlo. Non c’era niente che mi spinse a non credere in quello che mio padre chiamò ‘colpo d’aria‘, del cui significato non mi interessai più di tanto essendo stato solo uno scherzo“, ha affermato Federico Ciontoli durante la sua dichiarazione. “In più, gli credetti perché mio padre si comportava proprio come se stesse gestendo uno spavento, ossia alzando le gambe e rassicurando. Il tipo di scherzo che aveva causato lo spavento, in quel momento non era una preoccupazione per me”, ha spiegato ancora Ciontoli.

Il 7 febbraio scorso la Corte di Cassazione ha accolto la richiesta delle parti civili e del sostituto procuratore generale disponendo un nuovo processo per il riconoscimento dell’omicidio volontario con dolo eventuale per la morte del 20enne. Nel processo bis i giudici di piazzale Clodio dovranno rivalutare quindi le posizioni di tutti e quattro gli imputati. Tornano in aula, dunque, anche Maria Pizzillo, moglie del sottufficiale della Marina militare distaccato ai servizi segreti (e sospeso dal servizio in seguito alla vicenda giudiziaria) e i figli Federico e Martina. Gli ermellini hanno accolto così la richiesta della procura generale secondo cui si trattò di un omicidio volontario con dolo eventuale. Perché la morte di Marco, come sostenuto dalle consulenze mediche (anche della difesa), si sarebbe potuta evitare ma, invece, è stata causata non solo dal colpo esploso, ma anche dai ritardi nei soccorsi, dovuti a loro volta secondo la Cassazione a una serie di bugie e depistaggi da parte, in primis, di Antonio Ciontoli.

Nel gennaio del 2019, il primo processo d’Appello si era concluso con la riduzione da 14 a 5 anni di reclusione per Ciontoli. L’accusa nei confronti del militare di carriera (sottufficiale della Marina militare) era stata derubricata da omicidio volontario a colposo. Confermate le altre condanne a tre anni di reclusione per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico, e per la moglie Maria Pezzillo. La Cassazione però a febbraio ha disposto un procedimento d’appello bis per tutti gli imputati, annullando la sentenza. Nelle motivazioni degli ermellini si legge che la morte del giovane sopraggiunse” dopo il colpo di pistola “ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli” che “rimase inerte ostacolando i soccorsi“, e fu “la conseguenza sia delle lesioni causate dallo sparo che della mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, avrebbero scongiurato l’effetto infausto”.

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