Gli operai in piazza del Popolo a Roma per ricordare al governo le “100 vertenze da risolvere per l’industria e il lavoro”. I lavoratori metalmeccanici tornano a protestare unitariamente con la prima manifestazione post lockdown, rigorosamente seduti e a distanza di sicurezza. Le sedie sono state disposte per metà di piazza del Popolo. L’iniziativa di Fim, Fiom e Uilm vede la partecipazione delle rappresentanze di 100 aziende metalmeccaniche di alcuni settori strategici come siderurgia, automotive ed elettrodomestico, che stanno affrontando la crisi.

“Quella di oggi è un’assemblea, ma siamo pronti alla mobilitazione se necessario”, precisa subito la leader Fiom Francesca Re David. “Chiediamo di essere parte delle scelte politiche e industriali di questo Paese – aggiunge – il governo non parla più con noi e non si può continuare con lo slogan ‘andrà tutto bene’ con i licenziamenti sul tavolo”. “Il governo vede un mondo diverso da quello reale. Quello vero è fatto di lavoratori in cassa integrazione o che rischiano di perdere il posto di lavoro, che sopportano i problemi sulle loro spalle e vivono col dubbio che l’azienda annunci tagli”, sottolinea anche il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella.

“Siamo noi che teniamo aperte le fabbriche, più delle imprese”, afferma ancora Re David. “Se alcune fabbriche sono ancora aperte, a partire dalla Whirlpool di Napoli è perché le abbiamo tenute aperte noi”, rivendica la segreteria generale di Fiom, chiedendo di partecipare alla soluzione delle vertenze, “non conoscere alla fine com’è andata“. I sindacati infatti chiedono una sterzata rapida dopo la crisi sanitaria e le conseguenti difficoltà economiche, che rischiano di triplicare abbondantemente i posti a rischio nel settore metalmeccanico. Le 80 vertenze del settore vedono coinvolti 80mila lavoratori. Un numero che secondo le tute blu della Cgil rischia di lievitare fino a 300mila a causa della frenata dell’economia in seguito alla pandemia.

Rischiamo “uno degli autunni più terribili della nostra storia”, è l’allarme del segretario generale dimissionario della Fim Cisl, Marco Bentivogli: “la disperazione sociale sarà alle stelle”, dice. “Se si mette il divieto di licenziare e poi ci sono centinaia di migliaia di imprese che portano i libri in tribunale – prosegue Bentivogli – voglio che i responsabili del governo rispondano a uno a uno a quei lavoratori a cosa è servito il blocco dei licenziamenti”. “L’Italia industriale – spiega il leader sindacale – sta soffrendo. I lavoratori hanno sempre più vertenze al ministero dello sviluppo e quelle più piccole neanche arrivano sui giornali né al ministero. Il governo non sta facendo nulla per sostenere gli investimenti industriali e bisogna assolutamente che ci sia un cambio di passo perché non arriva la cassa integrazione e non arriva la liquidità dello Stato alle imprese: è un cortocircuito che rischia di portare a uno degli autunni più terribili della nostra storia”.

Anche Palombella teme “con l’alibi del coronavirus, una catastrofe sociale ed occupazionale senza precedenti”. “Non abbiamo più tempo. Se la situazione dell’industria non sarà affrontata, dobbiamo appropriarci delle piazze per dimostrare tutto il nostro dissenso“, afferma il segretario generale Uilm, che chiede al governo “più concretezza, meno Stati Generali e più interventi diretti per salvaguardare e rilanciare il sistema industriale, scolastico, sociale ed economico” . “Solo con i sussidi il Paese non ripartirà”, conclude Palombella.

“Abbiamo scioperato per chiudere le fabbriche – dice Re David – durante l’emergenza del Covid e mettere in sicurezza le fabbriche e il paese. Adesso diciamo che non basta il blocco dei licenziamenti fino al 17 agosto, non basta la cassa integrazione, bisogna ripensare amministratori sociali legati alla riduzione dell’orario e alla formazione, al blocco dei licenziamenti finché necessario e alla risoluzione delle crisi alla quale vogliamo essere parte, non conoscere alla fine com’è andata”.

“La cassa integrazione la pagano i lavoratori, non certo l’Inps e va allargata e incentivata”, aggiunge sempre Re David commentando la proposta, circolata nelle ultime ore, di incentivare le aziende a non utilizzare la cassa integrazione in cambio di una robusta defiscalizzazione del costo dei lavoratori. “Naturalmente – prosegue la leader Fiom – questo va insieme alla necessità di abbassare il costo del lavoro che è il più alto in Europa, ma sono due provvedimenti che non possono essere in alternativa in questo momento”.

Sul prestito con garanzia pubblica a Fca “non mi scandalizza dove sta il domicilio fiscale, quello è un problema che dovevamo porci anni fa, mi preoccupa che le condizionalità non le conosco”, afferma la segretaria generale della Fiom dal palco della manifestazione. “L’occupazione non è salvaguardata”, è il suo timore. “Nello stesso giorno in cui si annuncia il prestito, Cnh che è ‘sorella’ di Fca, con la stessa proprietà (la famiglia Agnelli, ndr), annuncia di non rispettare l’accordo con il governo e si disimpegna da Brescia e Lecce, quindi l’occupazione non è salvaguardata, se salvo da una parte e licenzio dall’altra”.

Articolo Precedente

Gli operai tornano in piazza: “Risolvere le 144 crisi. Nel post-Covid a rischio 300mila posti”. Da Ilva a Whirlpool: la mappa di chi trema

next
Articolo Successivo

Jobs Act, nuova bocciatura della Consulta: “Incostituzionale l’indennità prevista in caso di licenziamento illegittimo per vizi formali”

next