Da un lato l’assicurazione che gli impegni saranno rispettati, dall’altro le bordate al governo. Per la prima volta in 9 mesi alla guida di ArcelorMittal, l’ad Lucia Morselli accetta un invito in tv per parlare dell’ex Ilva e dei dietrofront della multinazionale che si è aggiudicata le acciaierie di Taranto nel 2017, quando lei era alla guida della cordata perdente, e dopo 3 anni ha già cambiato tre volte il piano industriale e i volumi occupazionali.

Nello studio di Porta a Porta, la manager dà subito un colpo all’esecutivo, accusandolo di essere a conoscenza da tempo del nodo più critico della vertenza ex Ilva: “Negli accordi di marzo, siccome il governo ha preferito non coinvolgere il sindacato, i numeri degli esuberi non sono stati esplicitati ma è stato invece esplicitato molto chiaramente il concetto: l’azienda doveva restare in equilibrio economico. E considerato che per la legge ambientale l’acciaieria non può superare i 6 milioni di tonnellate è evidente che se gli impianti non possono produrre 8 milioni di tonnellate il personale presente risulti leggermente in eccesso”.

Insomma, gli esuberi erano cosa nota all’esecutivo, che non lo avrebbe scoperto dal piano industriale presentato il 5 giugno quando ArcelorMittal ha messo nero su bianco di voler fare a meno di 5mila persone tra licenziamenti e mancato reintegro di chi già nel 2017 è finito in cassa integrazione nel bacino di Ilva in amministrazione straordinaria. Le parole hanno provocato la reazione del viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, che ha specificato come in quell’accordo – firmato il 4 marzo – “non era previsto alcun esubero”. Anche Stefano Buffagni replica: “Non esiste nulla di tutto questo negli accordi di marzo, non si gioca sulla pelle delle persone”.

Nessuna presa di posizione ufficiale da parte dei ministeri interessati (Economia, Sviluppo e Lavoro), tanto che la Fiom-Cgil stigmatizzando le parole della Morselli chiede un intervento dell’esecutivo. “È una versione a dir poco stravagante dell’idea di rispetto e anche dell’idea di sindacato”, dice Gianni Venturi, segretario nazionale e responsabile siderurgia della Fiom. Una ricostruzione che tra l’altro, annota ancora il sindacato, “non trova smentita alcuna da parte del governo, né tantomeno si hanno notizie di prossimi incontri”. Eppure “serve aprire immediatamente il tavolo di settore con le parti sociali” perché il governo “non può limitarsi a definire inaccettabile il piano industriale” ma “deve scoprire le carte”.

Per il resto, Morselli è sembrata conciliante: “La trattativa con il governo si muove sicuramente sull’ingresso di un socio istituzionale, è un impegno contrattuale e siamo contenti di questa trattativa”. Che prevede il co-investimento da parte di Invitalia, come ha annunciato ufficialmente il premier Giuseppe Conte a margine degli Stati generali. E una prima call conference si è svolta proprio nel pomeriggio di mercoledì per avviare la discussione: all’incontro hanno partecipato Francesco Caio, consulente del governo per il dossier, Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, e Ondra Otravec, dirigente Fusione acquisizioni della multinazionale.

“Abbiamo parlato – ha spiegato Morselli – di regole di valutazione dell’azienda, a cui ci atterremo. Questo determinerà le varie posizioni. C’è un piano di investimenti che richiede questo tipo di colloqui e di scambio di documentazione”. In parallelo, ha aggiunto, c’è “il lavoro su come sarà l’azienda nei prossimi anni, ma le cose sono abbastanza collegate”. Gli accordi “di marzo sono azioni – ha detto l’ad di ArcelorMittal – a cui tutto il governo si è rifatto in questi giorni. Ribadisco che anche per noi quegli accordi di marzo sono vincolanti e intendiamo rispettarli”.

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