La proposta della Commissione europea sul Recovery Fund non piace a 7 Paesi membri dell’Ue. In particolare, secondo quanto riporta il Financial Times, nel mirino dei governi ‘dissidenti’ è finita la redistribuzione dei fondi previsti per il contrasto all’emergenza Covid che, tra le altre cose, vedevano l’Italia come principale beneficiario con 172,7 miliardi, di cui 81,8 a fondo perduto. “Non stiamo cercando di aiutare Paesi con decenni di cattiva gestione economica e mancanza di riforme”, ha dichiarato uno dei diplomatici citati dal quotidiano britannico riprendendo un’interpretazione molto criticata, dopo il primo Consiglio Ue sul tema, del ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra.

Ma alcuni diplomatici di Paesi Bassi, Danimarca, Austria, Belgio, Irlanda, Lituania e Ungheria denunciano una “ripartizione delle risorse che ha scarsa connessione diretta con la pandemia”. I rappresentanti dei Paesi in Ue definiscono “obsoleta” la metodologia di Bruxelles per l’allocazione delle risorse. Tra gli esempi di squilibrio viene citata la Polonia, che dovrebbe avere la recessione meno grave in Ue ma sarebbe la terza beneficiaria del Recovery, e il Belgio, che ha il più alto tasso di mortalità pro capite in Ue ma riceverebbe tra gli importi più bassi del fondo.

Questo anche perché i fondi previsti dal Recovery Fund, che dovrà comunque essere approvato all’unanimità in sede di Consiglio Ue, non sono, se non in una parte minoritaria, destinati solo alla gestione immediata dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia, ma vanno a rimpolpare degli specifici settori già presenti all’interno del prossimo bilancio settennale e ritenuti fondamentali per la ripresa economica del Paese e lo sviluppo sostenibile degli Stati membri: non a caso, tra le voci principali ci sono quella legata alla riconversione green dell’industria (e la Polonia è tra i Paesi con impianti tra i più inquinanti dell’intera Unione) o quella che si concentra sullo sviluppo tecnologico, digitale e dell’intelligenza artificiale. In particolar modo, però, la Commissione ha proposto che il Next Generation Eu, come è stato ribattezzato il fondo, si basi su tre criteri economici principali: il prodotto interno lordo di un Paese, il suo Pil pro capite e il suo tasso di disoccupazione medio tra il 2015 e il 2019. Ma uno dei diplomatici critici ha proposto che la variazione del Pil tra la primavera e l’autunno sarebbe un punto di riferimento migliore.

La commissaria Ue alla Coesione, Elisa Ferreira, in audizione in commissione Sviluppo regionale del Parlamento europeo ha fatto sapere, ad esempio, che gli stanziamenti delle risorse di React-Eu, lo strumento temporaneo da 55 miliardi che fa parte del Recovery Plan, si baseranno “su dati reali, non su stime”. Per questo il risultato dei calcoli non sarà reso noto prima di ottobre, quando saranno disponibili le statistiche nazionali sull’aumento della disoccupazione e il calo del Pil.

La distribuzione sarà calcolata su base nazionale, non regionale come avviene normalmente con la politica di coesione, perché i dati su base territoriale “non saranno disponibili” già in autunno, ha chiarito Ferreira. I primi 5 miliardi saranno utilizzabili già nel 2020 (previa approvazione del Parlamento e del Consiglio Ue), altri 40 nel 2021 e i restanti 10 nel 2022. Secondo le bozze di regolamento, per il Pil saranno confrontati i dati dei primi semestri 2020 e 2019, mentre per la disoccupazione si guarderà alla variazione gennaio-agosto 2020. Per la tranche del 2022 sarà effettuata una revisione usando come riferimento il primo semestre 2021.

Oltre al solito gruppo di rigoristi del Nord che ritiene la proposta della Commissione eccessiva, soprattutto per quanto riguarda gli stanziamenti a fondo perduto che dovranno poi essere recuperati nei prossimi decenni grazie a maggiori contributi da parte degli Stati membri, tra i contrari figurano anche Paesi come Lituania e Ungheria, beneficiari netti che, in base all’ultima proposta di Palazzo Berlaymont sull’uso e la distribuzione dei fondi di coesione nel quadro del bilancio comunitario relativo al 2021-2027, vedranno diminuire lo stanziamento in loro favore del 24% ciascuna. Lo stanziamento di fondi legato al Recovery Fund avrebbe quantomeno limitato le loro perdite.

Secondo le stime legate alla proposta della Commissione guidata da Ursula von der Leyen, Italia, Spagna, Polonia e Grecia saranno i Paesi che riceveranno più contributi dal fondo: “La redistribuzione prevede una quota molto ampia verso i Paesi che sono stati gravemente colpiti dalla crisi – ha spiegato la Commissione in una nota – L’assegnazione di fondi a Grecia, Italia e Spagna rappresenta quasi il 50% della dotazione disponibile”.

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