Sono passati mesi, addirittura anni (per la precisione due), da quando la francesina ha deciso di adempiere più decisamente alla propria missione: degenerare, o meglio (anzi “o peggio”, pare più appropriato) far degenerare il sottoscritto affinché possa fregiarsi dell’ambito titolo di “esemplare di disabile non plus ultra”, che nel campo della disabilità è come essere nominato Cavaliere della Repubblica.

Immagino che ora vi stiate chiedendo: “In che modo ha catapultato il Cafagna in questa nuova dimensione di tutto rispetto?”. In virtù del ricovero più lungo passato alla famosa Cattoclinica (per chi non lo sapesse è la clinica di stampo cattolico dove “subisco” i controlli respiratori, atti a valutare se il ventilatore veicoli aria nel mio corpo e non sostanze stupefacenti): tuttavia il motivo in questa occasione è stato ben altro e ammetto di essermela vista brutta – ma brutta, brutta, quasi orribile – non a caso ho passato la bellezza di 75 giorni in qualità di degente e non a caso ho impiegato quasi due anni ad accettare il peggioramento delle mie condizioni.

Ecco a voi il reportage sul ricovero, durante il quale ne sono successe di tutti i colori – compreso il vermiglio e l’avio – a cominciare dal primo giorno…

È tardo pomeriggio e, dopo una faticosa giornata, intendo riposare: del resto la polmonite non è cosa da poco, e sarà solo la prima di una serie di sventure (poi basta anticipazioni). Mi metto così in modalità riposo – fazzoletto sugli occhi e salviettina poggiata sopra, buio completo -, un po’ come sull’aereo. Sono in pista e sto per decollare allorquando entra l’infermiera in camera: “Devi fare la flebo antibiotica”, la prima di una lunga serie: credo di aver superato le 350. Mi prepara e poco dopo comincia a dolermi il braccio: mi lamento più volte, ma è impossibile che mi faccia male per la flebo, sostiene (poi si è scoperto che avevo ragione, tanto per la cronaca e perché mi piace avere ragione). Il problema è che grido dal dolore, ma l’antibiotico è necessario, quindi stoicamente sopporto; dopo poco più di un’ora si esaurisce e con esso svanisce anche il dolore, sarà un caso infermiera? Scusate ma avevo quel sassolino da togliere dalla scarpa, ehm dalla ruota.

Il dolore mi ha definitivamente svegliato, rimando dunque la mia bella dormita e guardo la partita: c’è la finale di Coppa Italia tra la mia squadra, il Milan, e la Juventus. È inutile che vi dica che lo 0-4 brucia ancora, ma in quel momento non solo al gioco non avevo fortuna, neanche in amore, per non parlare della salute: insomma, ’na tragedia senza fine. Termina la partita e non mi resta altro che piangere, oppure potrei dormire: opto per quest’ultima, ma niente da fare. Come direbbe qualcuno: “Sta dormita non s’ha da far”, ma io intendo guadagnarmi i servigi di Morfeo. Conto le pecore, passo il miliardo quando sono le 7: e cosa succede? In cartello c’è il prelievo del sangue: ma no, stavo per dormire. E allora comincio a pensare che sia stato ordito un complotto contro di me: del resto sono tifoso del diavolo e a qualcuno alla Cattoclinica la cosa non piace.

A conferma, ecco che meno di un’ora dopo camice bianco, alias il dottore, si palesa in camera: altro prelievo di sangue, ma questa volta si tratta dell’emogas. L’emogas è un prelievo di sangue arterioso, si esegue all’altezza del polso e può essere doloroso, perché la vena tende a scappare e quando lo fa l’ago deve incunearsi alla ricerca della vena perduta. Ovviamente quello era uno di quei momenti: forse il complotto è ordito dall’alto, da molto in alto, ci siamo intesi? Che guarda caso il medico ha anche dovuto cambiare l’ago: “Si è rotto purtroppo, devo bucarti di nuovo“, i primi sforacchiamenti di una lunga serie. All’incirca ho toccato quota 100 buchi: sì, è la degenza dei grandi numeri. L’ago bis fa il suo dovere e finalmente il dottore mi saluta: “Più tardi vengo a farti visita”, sarà una minaccia? Fingo non lo sia e rispondo: “Va bene dottore, tanto non mi muovo da qui” (la battuta è doverosa), mentre penso: ma non venga quando mi sto per addormentare. E indovinate? Sì sì, è certamente un complotto

Alla fine del prossimo post, quando terminerà questa tragedia in due parti, darete al Cafagna ciò che è del Cafagna: la ragione fattuale, dacché quella mentale… (continua)

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