Gli applausi per il gol di un ragazzino, le lacrime e la disperazione per quello di un veterano: tutto in un solo minuto. È il 6 giugno 1993, sono da poco passate le 18: in un quarto d’ora sarebbe calato il sipario sulla stagione 1992/93. Sugli spalti dell’Artemio Franchi, Firenze spera che dalle radioline non intervenga nessuno o al massimo la familiare voce di Sandro Ciotti ad annunciare il pareggio della Samp a Brescia.

La Fiorentina il suo lo sta facendo, è già in vantaggio per 5 a 0 contro il Foggia: finisse così, si andrebbe a giocare lo spareggio salvezza col Brescia, segnasse la Samp, sarebbe salva con Brescia e Udinese retrocessi e una stagione assurda, sciagurata, passerebbe agli archivi.

A Firenze segna anche Andrea Vascotto, giovane e sfortunata promessa viola che fa il sei a zero: ma è una gioia che dura meno di un minuto. In quegli istanti dalle radioline arrivano tante, troppe voci: tutte nefaste per i viola. E dire che quella stagione era partita bene: con una campagna acquisti sontuosa del patron Cecchi Gori che aveva preso il fantasista Baiano dal Foggia per regalare assist a Batistuta e poi il tedesco Effenberg, il danese Brian Laudrup fratello dell’ex juventino Michael, Di Mauro dalla Roma, Carnasciali, Luppi. Insomma: una gran bella squadra a disposizione del riconfermato Gigi Radice, sicuramente non all’altezza del Milan di Capello e degli olandesi, ma in grado di giocarsela con tutte le altre.

E dopo un inizio altalenante, tra i 7 gol rifilati all’ancona e i 7 presi dal Milan, la squadra con Batistuta che segna a raffica e con le giocate di Baiano aveva iniziato a far sognare il Franchi: 4 a 0 alla Samp di Mancini, 2 a 1 alla Roma, 2 a 0 alla Juve e a dicembre quella squadra era seconda in classifica. A distanza già siderale da un Milan mai in competizione con nessuna per lo scudetto, ma va benissimo così: un posto in Uefa era il massimo traguardo fissato a inizio stagione, da secondi poi sarebbe stata una enorme soddisfazione.

Da lì però inizia un incubo: si va a riposo prima di natale con un pareggio a Parma. Il 93 si apre con una sconfitta interna contro l’Atalanta che costa la panchina a Radice. Al suo posto arriva Agroppi, poco amato per la sua fortissima personalità, ma le cose non migliorano: i viola raggranellano 3 punti in otto partite, ritrovandosi dal secondo al quattordicesimo posto, con un solo punto di vantaggio sulla zona retrocessione.

Le cose sembrano andar meglio con due vittorie in tre partite, ma poi tornano errori, ingenuità e uno stato mentale da psicodramma: una squadra generosa ma mai in grado di gestire, caratteristiche che la inguaiano negli scontri diretti. In particolare contro il Brescia, quando i toscani in vantaggio per due a zero si fanno recuperare in due minuti. Una sconfitta a Torino contro la Juventus costa la panchina ad Agroppi e la coppia Chiarugi-Antognoni è chiamata all’impresa di mantenere la categoria. Ma la Fiorentina non riesce più a vincere, né col Parma, né con l’Udinese, né col Torino. Prove d’appello, tutte fallite dai viola. Si arriva all’ultima giornata contro il Foggia di Zeman già salvo e vincere potrebbe non bastare.

Le cose però sembrano mettersi bene: la Fiorentina travolge il Foggia e già nel primo tempo è in vantaggio per 4 a 0, la Samp ferma il Brescia sul pareggio al Rigamonti, il Milan già campione va in vantaggio col Genoa per 2 a 1 e, in una partita che la Roma gioca su ritmi assolutamente blandi, i giallorossi vanno in vantaggio contro l’Udinese con un rigore di Häßler tirato peraltro in maniera pessima. Con questi risultati i friulani sarebbero in B e a 30 punti ci sarebbero Fiorentina, Brescia e Genoa, con uno sguardo alla classifica avulsa per vedere chi andrebbe allo spareggio e chi resterebbe in A.

Tra i viola entra il giovane Vascotto, che dopo qualche minuto fa sedere il portiere foggiano Bacchin e segna il 6 a 0. In quello stesso minuto, a Brescia, Raducioiu segna il rigore del 3 a 1 alla Samp, il compianto Andrea Fortunato segna il pareggio genoano contro il Milan, e soprattutto Stefano Ciccio Bello Desideri segna il gol del pari dell’Udinese contro la “sua” Roma.

È la condanna dei Viola, in B dopo oltre cinquant’anni: il Franchi si divide tra le lacrime e le contestazioni a Vittorio Cecchi Gori, mentre il padre Mario chiederà scusa a Firenze, assicurando che la B sarebbe stata soltanto una parentesi. E aveva ragione il patron viola (che non riuscirà a rivedere la squadra in A, poiché morirà nel novembre di quell’anno): con Batistuta, Baiano e Ranieri in panchina quella della Fiorentina fu una marcia trionfale con la promozione in A arrivata con 5 giornate d’anticipo.

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