Doppietta alla Juve con tanto di rete bucata: firmato Allegri. Di solito se si parla di Allegri e di Juventus inevitabilmente si pensa ai cinque scudetti consecutivi, alle finali Champions, al massimo se proprio lo si vuol ricordare “contro” si pensa al gol di Muntari e successive dichiarazioni: ma a una doppietta alla Signora, con tanto di rete bucata da un suo tiro no, non ci si pensa. Accadeva ventisette anni fa: il 30 maggio del 1993. A Pescara si gioca il tipico match di fine stagione: abbondantemente retrocessi i padroni di casa a due giornate dalla fine, senza più nulla da chiedere alla stagione gli uomini di Trapattoni, ancora ebbri di gioia e di champagne per la vittoria della Coppa Uefa contro il Borussia di Rumenigge (Micheal, non Karl Heinz) e di Hitzfeld.

Ci tenevano i biancazzurri a salutare il pubblico dell’Adriatico e la Serie A facendo bella figura dopo una stagione sciagurata: neopromossi, ovviamente con Galeone, il cavalier Scibilia anche quell’estate aveva fatto un gran mercato, sulla carta. Erano arrivati il neo campione d’Europa danese ed ex Manchester United John Sivebaek, il gigante senegalese Mendy dal Monaco, Dunga e Borgonovo dalla Fiorentina e, per solleticare il cuore dell’Adriatico, era tornato l’amatissimo Blaz Sliskovic, ormai 33enne. Il faro è Max Allegri: pupillo di Galeone.

Ma dopo la partenza a razzo, con la vittoria all’Olimpico contro la Roma e una sconfitta per 5 a 4 in cui i biancazzurri avevano fatto tremare il super Milan di Capello, la difesa di burro degli abruzzesi, con la bellezza di 25 gol subiti in 10 giornate aveva vanificato le buone performance di Allegri, Borgonovo, Palladini e compagni. Quasi inimmaginabile, già nel girone d’andata, ottenere la permanenza in A. Più che soddisfatta la Juve del Trap, di Baggio e di Vialli: non la più forte, non in grado di competere col Milan di Capello, ma piena di campioni e capace di vincere la Coppa Uefa, all’epoca una cosa seria.

Insomma: alla 32esima il Pescara, ormai matematicamente in B e con Zucchini in panchina al posto di Galeone, ci tiene a salutare l’Adriatico dando tutto contro la Juve. Di contro i bianconeri sono ormai sazi, ma sono sempre la Juve e Ravanelli lo ricorda dopo due minuti, quando prende la mira da 30 metri e col sinistro batte Marchioro. La solita imbarcata? Sì, ma a parti inverse: i biancazzurri si divertono volando sulle ali, come da schemi galeoniani evidentemente assorbiti e i terzini bianconeri non li prendono mai, salvo atterrarli. Così prima Allegri pareggia su rigore, poi Borgonovo segna, senza timore di esagerare, con una delle più belle rovesciate della storia del calcio. A quel punto tona in auge Allegri che dal limite d’area prende la mira, colpisce anche Carrera e segna bucando la rete.

Poi segna anche Martorella, talento di casa, che ai più non dirà nulla, ma è uno dei due unici calciatori italiani ad aver segnato in tutte le categorie, dalla Serie A alla Terza Categoria (e no, l’altro non è Riganò, che in terza non ha mai segnato), chiuderà Palladini, per il 5 a 1 finale. Una delle peggiori sconfitte della Juve negli ultimi 30 anni, seppur assolutamente insignificante ai fini di classifiche e piazzamenti, uno dei più bei ricordi di Pescara e dell’Adriatico: sarebbero passati 18 anni, da quel 1993, per ritornare a giocare in Serie A. Naturalmente i biancazzurri in B dovranno rinunciare ai migliori, tra questi Max Allegri che con 12 gol si era tirato addosso gli interessi di molti: la spunterà il Cagliari che con lui arriverà in semifinale di Coppa Uefa, il punto più alto nella sua carriera di calciatore. Per quella di allenatore tutt’altra storia, ben più di una doppietta e una rete bucata.

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