Ventitré. 5 a dicembre col Brescia, 18 cinque mesi dopo contro l’Inter. È tutto qua il bottino di minuti giocati in Serie A nelle trenta giornate di quella stagione. Con gli 11 dell’anno prima fanno in tutto 34: neppure un tempo di gioco. Eppure Vujadin Boskov, con la squadra in lotta per centrare una qualificazione in Uefa che sarebbe storica, gli consegna la maglia numero 10: a Brescia gioca Carmelo Imbriani.

È il Napoli della stagione 1994/95: Boskov ha sostituito Guerini e la squadra ha cambiato marcia. Già conquistata abbondantemente la salvezza, gli azzurri dopo 30 giornate vincendo tutte quelle che restano potrebbero arrivare in Europa, traguardo insperato. Si può fare. C’è un problema però: l’asso della squadra, quel Benny Carbone numero 10 che per dirla alla Boskov “con sue finte disorienta avversari ma pure compagni”, si è infortunato. Per far coppia col condor Agostini ci sono due scelte. La prima è spostare di nuovo Rincon in attacco, sapendo però che già con Guerini il colombiano da centravanti era andato malissimo. Oppure Lerda, acquisto di novembre che fin lì non aveva impressionato. E poi ci sarebbe Carmelo Imbriani: 19 anni e un bella reputazione per quanto fatto nelle giovanili. Lippi l’anno prima gli aveva regalato una decina di minuti col Cagliari: attestato di stima, sì, ma dopo di quello, come detto, c’erano solo due piccolissimi spezzoni di gara in A.

A Boskov quel ragazzino di paese piace: è buono, educato, ha fisico e l’azzurro nel profondo del cuore. E poi corre tanto e col pallone ci sa fare. È anche nipote di Clemente Mastella, ma gente come Lippi e Boskov quando si fa la formazione dell’albero genealogico se ne frega. E fregandosene Vuja decide: a Brescia gioca Carmelo Imbriani. Con la 10 sulle spalle.

È il 14 maggio 1995, venticinque anni fa: le rondinelle sono già retrocesse ma di certo al Rigamonti favori al Napoli non se ne fanno. In difesa, Baronchelli e Bonometti sono due ossi duri per un novellino. Dopo pochi minuti Rincon lancia Imbriani che però dal limite d’area è impreciso: il suo pallonetto supera Gamberini in uscita disperata ma finisce fuori. A Ceppaloni intanto c’è una partita di calcetto in corso, ma viene sospesa ogni volta che “Tutto il Calcio minuto per minuto” si collega con Brescia. E passa in cavalleria quella partita di calcio a 5 quando al 39esimo da Brescia informano che Pecchia ha lanciato in area e che il numero 10 al volo di destro ha trafitto Gamberini portando in vantaggio il Napoli: sì, nel giorno del suo esordio da titolare Carmelo ha segnato.

Il Napoli vincerà, Gianni Mura il giorno dopo inviterà a cercare “tutti gli Imbriani del sud”. Carmelo ai microfoni e ai taccuini mostrerà il suo volto pulito; “Sono contento di parlare alla Domenica Sportiva, di solito la guardo”. E ancora: “La 10? Ho avuto i brividi, poi mi sono detto che tanto non penseranno mai a Maradona e mi sono tranquillizzato”. La preoccupazione per la scuola confidata a chi gli chiedeva della maturità alle porte: “Spero che i prof, che sono tifosi del Napoli, siano comprensivi”.

Il gol è una perla, il ragazzo pure: Boskov lo manderà in campo e sempre da titolare anche nelle gare restanti. E il Napoli vincerà sempre, perdendo l’Uefa per un gol di Delvecchio, allora all’Inter, al 93esimo contro il Padova. Nella stagione successiva Imbriani sarà al centro del progetto di Boskov: dopo un gol all’Inter (la successiva esultanza oggi è uno splendido ritratto) e un tacco al Delle Alpi che sarebbe entrato nella storia del calcio senza un miracolo di Peruzzi, il mister serbo preferirà Carmelo a Pippo Inzaghi, che Ferlaino aveva praticamente preso dal Parma: “Non mi serve, ho Imbriani”, dirà.

Carmelo poi giocherà e chiuderà la carriera a casa sua, a Benevento, diventando capitano e poi allenatore. L’esperienza sulla panchina giallorossa è breve per quella malattia che lo ha portato via 7 anni fa . E il Dio del calcio, si sa, con storie e destino si diverte a giocare creando a volte trame meravigliose: oggi su quella panchina, a cannibalizzare il campionato di B con 20 punti di vantaggio sulla seconda c’è proprio Pippo Inzaghi, con Imbriani che quella marcia trionfale l’avrà accompagnata da lassù, tifando per la Strega e sfottendo di tanto in tanto il suo mentore Vuja, per la storia di Super Pippo.

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