I 150mila test sierologici previsti dal governo sono “insufficienti” per avere un quadro epidemiologico completo delle infezioni da coronavirus. Il presidente dell’Accademia dei Lincei, Giorgio Parisi, alla commissione Igiene e Sanità del Senato ha spiegato che questa indagine sierologica su 150mila cittadini cominciata lunedì dalla Croce Rossa italiana, che si occupa della fase operativa, va considerato “uno studio preliminare”, mentre bisogna “far partire uno studio più approfondito con qualche milione di analisi sierologiche”. Le analisi, ha sostenuto ancora Parisi, devono essere fatte non selezionando singole persone ma gruppi. In ogni caso, ha aggiunto, i risultati di questi primi 150mila test sierologici dovranno essere presentati entro l’estate, altrimenti “sarebbe una grande occasione persa“.

“Dobbiamo conoscere i dettagli del modo di diffusione del virus e per questo le 150mila analisi sono del tutto insufficienti“, ha detto il presidente dell’Accademia dei Lincei alla commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama. Se il nuovo coronavirus avesse colpito il 2% della popolazione italiana, pari a 1,2 milioni di persone, “avremmo 3mila persone positive e la risposta sarebbe abbastanza precisa. Tuttavia – ha aggiunto Parisi – il dato nazionale non è sufficiente. La malattia si è sviluppata in maniera estremamente disomogenea, alcune città, comunità sono state molto più colpite di altre”. Per il presidente dei Lincei, “conosciamo poco la malattia e i dettagli dell’epidemia” e “stiamo in una fase in cui vogliamo ridurre le misure di contenimento prese senza creare le basi per una nuova ripartenza. Per far questo – ha rilevato – dobbiamo sapere con la massima precisione possibile le caratteristiche della malattia”.

Per una ricostruzione capillare del contagio, provincia per provincia, “bisogna cambiare prospettiva” e “selezionare casualmente non le persone singole, ma gruppi di persone e effettuare le indagini sierologiche a tutte le persone del gruppo”, ha spiegato Parisi. A suo parere è cruciale “sapere cosa è successo provincia per provincia in tutta Italia“. Per farlo servono più test. È inoltre molto importante “capire come il virus si diffonda sui luoghi di lavoro, nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle famiglie. Saperlo è fondamentale – ha rilevato Parisi – per capire quali siano le misure più utili per la prevenzione e quali siano scarsamente utili” e per questo i test vanno organizzati sulla base di gruppi di persone.

Avere i risultati di questi primi 150mila test “entro l’estate” è urgente per poter proseguire con un’indagine sierologica più vasta, ma per Parisi non è chiaro “se le risorse umane e logistiche messe a disposizione siano sufficienti per arrivare a una veloce conclusione di questa prima fase di indagini”. “Dieci unità di personale per 6 mesi all’Istat non sembrano a prima vista un grande investimento. Bisognerebbe – secondo Parisi – valutare attentamente se le risorse messe a disposizione della Croce Rossa sono sufficienti per effettuare la raccolta dei dati in meno di un mese”. Tutti i dati relativi al Covid-19 devono essere inoltre messi a disposizione della comunità scientifica e del pubblico perché “in questi casi la trasparenza non è solo una questione di democrazia, ma di metodo scientifico“, ha detto ancora il presidente dell’Accademia dei Lincei. “A mio avviso – ha concluso – in questo decreto manca una norma che preveda i modi in cui questi dati possano essere resi pubblici“.

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