Contro ogni pronostico, perché ad un certo punto la partita sembrava persa. Contro il ministro, che il pallone l’ha voluto individuare come avversario sulla strada della ripartenza, prima di capire che con le autorità bisogna dialogare. Contro il buon senso (i presidenti pretendevano di giocare quando il Paese era in ginocchio) e contro lo sport (questa ripresa non ha nulla a che vedere con lo spirito del gioco, solo con i soldi dei diritti tv). Persino contro se stesso, visto che tanti problemi il pallone se li è creati da solo, con il suo atteggiamento arrogante. Ma il calcio ce l’ha (quasi) fatta: giovedì 28 maggio il ministro Vincenzo Spadafora comunicherà la decisione del governo. Salvo nuovi colpi di scena, il 13 o il 20 giugno tornerà anche la Serie A. Adesso la questione diventa un’altra: bisogna capire se riuscirà a concludersi.

Intanto un altro passo formale è stato fatto: la Federcalcio ha consegnato a Palazzo Chigi il suo nuovo protocollo per la ripresa delle gare. Quaranta pagine in cui si mettono a punto le regole per il calcio post-coronavirus: stadi a porte chiuse, massimo 300 persone negli impianti, controlli sugli ingressi, termoscanner, saturimetro, percorsi differenziati per arbitri e giocatori, prescrizioni più o meno rigide da rispettare. Rispetto al protocollo per gli allenamenti non ci sono modifiche sostanziali per la parte sanitaria (compresa la quarantena obbligatoria per le squadre in caso di nuovi positivi). Questo da una parte è la garanzia che il testo dovrebbe essere approvato dal Comitato tecnico-scientifico. Dall’altra però è anche la principale incognita sull’effettivo svolgimento del campionato.

Ormai la ripresa pare quasi fatta. Non tutti i dissapori con la politica sono archiviati: Spadafora, ad esempio, ieri, mentre cerchiava in rosso sul calendario le date del 13 o 20 giugno per la ripartenza, rilanciava la sua idea di trasmettere in chiaro “Diretta gol”, come successo in Germania (ma solo per le prime due partite). Una proposta che mette in imbarazzo Lega e Sky, già ai ferri corti per il pagamento dell’ultima tranche dei diritti tv (230 milioni vitali per i club, che l’emittente non vuole sborsare), figuriamoci con un prodotto ulteriormente svalutato. Proprio su questo punto si erano incrinati i rapporti tra pallone e governo a marzo, all’inizio dell’emergenza Covid. C’è chi teme lo sgambetto dell’ultimo minuto, ma intanto si ragiona sulla ripartenza e già questa è una vittoria.

Resta però il grande problema della quarantena. Si era parlato di abolizione, poi di riduzione a una settimana, ma al momento il protocollo continua a prevedere che al primo contagiato l’intera squadra dovrà isolarsi per due settimane. Solo, si aggiunge che “sulla base dei dati epidemiologici aggiornati e delle nuove acquisizioni scientifiche, in accordo con le Autorità Sanitarie e Governative, le procedure potranno subire variazioni”. Una postilla a cui sono affidate tutte le speranze dei capi del pallone.

Il numero uno della Figc, Gabriele Gravina, non ha mai mollato, la ripresa sarà la sua vittoria. In Lega Calcio il presidente Dal Pino e l’amministratore delegato De Siervo hanno lavorato perché ciò potesse accadere. Se tutto andrà bene, fra tre settimane riavremo la Serie A. Ma poi? Con la quarantena obbligatoria, basterà un solo contagiato per far saltare il calendario. Anche se il protocollo fosse alleggerito (è verosimile), un focolaio in una squadra farebbe comunque scattare l’isolamento (è successo in Germania alla Dinamo Dresda). Oppure potrebbero esserci fattori extra calcistici, l’emergenza su un territorio, un’ordinanza regionale. Troppe variabili. Tanto che la Figc tiene nel cassetto il piano B di playoff e playout in caso di nuovo stop (ma i club sono contrari), e non esclude nemmeno il congelamento della classifica. Anche se riprendere per poi fermarsi di nuovo sarebbe molto peggio (da tutti i punti di vista, economico, sportivo, d’immagine) che aver chiuso subito tutto. Il calcio ha fatto i compiti, è stato bravo. Adesso però per salvare la stagione serve tanta fortuna.

Twitter: @lVendemiale

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