“L’amico Fritz c’ha un avvocato buono che gli dice di tenere la bocca chiusa… che non si tolga qualche sassolino… che non si toglie qualche sassolino dalla scarpa e butta merda…”. Hanno paura alcuni colleghi di Marco Corbisiero, l’ufficiale della Marina militare finito in carcere l’11 maggio con l’accusa di aver organizzato e gestito il contrabbando di sigarette e pillole di Cialis dalla Libia all’Italia durante una missione internazionale a bordo di nave Caprera.

Quando gli oltre 700 chilogrammi di sigarette vengono sequestrati nel porto di Brindisi, il 15 luglio 2018, la notizia arriva ai commilitoni che, ignari di essere ascoltati dai finanzieri brindisini che stanno indagando sulla vicenda, formulano ipotesi e commentano le gesta di quello chiamano cripticamente “amico Fritz”. Appaiono spaventati che Corbisiero possa parlare ai magistrati a svelare altro trascinando con sé anche altri militari. A tratti ironicamente, commentano l’efficienza di Corbisiero evidenziando le spese che questi avrebbe affidato al suo complice, l’ufficiale libico Hamza Ben Abulad: “Tutte, tutte le aggiustava – racconta un collega ridendo – tutte a mare stavano… la flotta più efficiente del mondo, neanche… (incomprensibile) concorrenza agli Stati Uniti”.

Scorrendo però le quasi 400 pagine di ordinanza che hanno portato Corbisiero in carcere e altri 3 militari ai domiciliari, le cose non stavano proprio così. Il militare che ha sostituto Corbisiero nel ruolo di Ufficiale Tecnico con il compito di assicurare l’efficienza delle motovedette che l’Italia aveva ceduto alla Guardia costiera libica per il controllo dei flussi migratori, nel corso delle indagini ha confessato che “al mio arrivo a Tripoli, ho trovato solo una nave libica pienamente efficiente. Alla mia partenza, ho lasciato al mio successore tutte e 12 le navi, sotto la nostra gestione, efficienti”. Non solo.

Durante il passaggio di consegne con lo stesso Corbisiero, la gestione delle operazioni di acquisto dei beni necessari per l’efficienza delle navi, è stata in più occasioni, motivo di scontro tra i due. “Io mi limitavo – ha raccontato il militare che ha preso il posto di Corbisiero – ad acquistare il materiale strettamente necessario al momento, mentre ho notato che il mio predecessore, Corbisiero Marco, tendeva ad acquistare in quantità più abbondanti e ciò è stato motivo di diverbio tra di noi”. E l’inchiesta ribattezzata “Amianto”, condotta dalle Fiamme gialle agli ordini del colonnello Gabriele Gargano e coordinata dai pubblici ministeri Giuseppe De Nozza e Alfredo Manca, ha svelato come attraverso fatture gonfiate alla fantomatica società riconducibile al libico Hamza, Corbisiero acquistava con denaro pubblico non solo pezzi del motore delle motovedette libiche, materiale elettrico, informatico, edile ed idraulico, ma anche per sigarette, ciabatte, dentifrici, spazzolini e persino pillole di Cialis, farmaco usato contro la disfunzione erettile.

Per i suoi colleghi, però, quella storia poteva essere bloccata prima dai vertici della forza armata, che come spiegato dal procuratore di Brindisi Antonio De Donno ha in ogni caso collaborato e dato impulso alle indagini: “Però – racconta un militare intercettato – se glielo si toglieva, lui la missione l’avrebbe finita molto prima del… dopo un mese che stavamo noi là, l’avrebbe finita la missione lui, perché non gli sarebbe più convenuta la minestra” e “non ci sarebbe stato il problema che c’è stato dopo”. Invece – aggiunge – “lo hanno lasciato lì e gli hanno fatto fare i cazzi suoi per mesi, mesi e mesi”. Insomma, i sette mesi trascorsi in Libia avrebbero “aiutato” l’ufficiale finito in carcere a costruire il suo business: “Gli hanno fatto fare mesi e mesi di cazzi suoi e poi si è allargata a tal punto che ha combinato il casino. Però… pure la Marina che l’ha tenuto tutto quel tempo là, perché non l’ha avvicendato? In un incarico così delicato”.

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