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di Mariangela Italiano

Dal 4 maggio inizia la tanto attesa fase 2 tra dubbi e una certa dose di preoccupazione.
Premetto che quello di questo governo è un compito non facile, una crisi di questa portata non ha paragoni nella storia recente e si deve affrontare schivando le bordate del Matteo di turno. Le pressioni sono tante a vario livello, le grandi aziende e la piccole, i gruppi di interesse e i singoli, la minaccia della crisi economica e della rabbia sociale cui forse si prova a dare una valvola di sfogo attraverso scampoli di libertà più che risposte concrete.
Comunque ci siamo arrivati, il dado è tratto, si inaugura la nuova fase in uno scenario che è almeno tanto grave in termini di numero di pazienti in terapia intensiva (18% posti letto occupati da malati Covid) quanto ad inizio del lockdown.

“Abbiamo più esperienza ora”, ci dice il commissario Arcuri intervistato da Fabio Fazio. E poi sentiamo ripetere da tutti che dobbiamo fare appello alla “responsabilità”, al “buon senso degli italiani”. Ecco, questa credo sia la nota dolente, forse anche più del numero di posti in terapia intensiva, cresciuti ma sempre limitati, della possibilità di avere diagnosi precoci e tracciamento degli infetti, dell’assistenza domiciliare, dei dispositivi di sicurezza… Il buon senso e la responsabilità degli italiani. Con la crescita del numero di persone in circolazione, la curva dei contagi certamente tornerà a salire. Gli scenari degli esperti lo prevedono.

Ma proprio perché ora più che mai la situazione è delicata, la linea tra una crisi gestibile e il baratro è sottile. Mi domando perché fornire ulteriori spazi di manovra, in particolare riguardo alla possibilità di visitare i ‘congiunti o affini’ nell’ambito della propria regione. Inserire nel decreto la visita a congiunti tra le uscite lecite, mi sembra quanto meno inopportuno per almeno due buoni motivi.

Se non bastasse il fatto di essere il paese in cui in tempi normali si fa fatica a seguire qualunque straccio di regola, dove mantenere una fila ordinata è utopia, dove in pieno lockdown molti erano già fase 2, se queste ragioni non bastassero aggiungo che questa possibilità è fonte di una discriminazione.

Non mi riferisco alla discriminazione dei legami di fatto a favore dei legame di sangue su cui si sono spesi fiumi di parole, ma la discriminazione a ben vedere è verso coloro che hanno i propri congiunti di primo grado fuori regione: il decreto di fatto ha introdotto nell’ordinamento una nuova categoria, i ‘disgiunti’, ossia i parenti che non si possono congiungere.

Mentre nessuno batterà ciglio di fronte al sedicente devoto nipote che visita la prozia Maria che non vede da 10 anni ma che improvvisamente sente un gran bisogno di andare a trovare, a coloro i quali vivono per necessità lontano dalla propria terra di origine nella quale non risiedono più ma con la quale mantengono forti legami affettivi, loro invece dovranno attendere ancora chissà quanto.

Come rappresentante e portavoce della categoria non chiediamo balzi in avanti, ci si sposterà verso le altre regioni se e quando sarà possibile farlo in sicurezza per il bene di tutti. Nel frattempo alcuni tra quelli che si lamentavano di dover rinunciare all’aperitivo o al caffè al bar mentre morivano 600 persone al giorno, alcuni di questi personaggi potranno andare a trovare lo zio che magari gestisce un bar, noialtri attenderemo, pazienti e fiduciosi.

Sperando che il buon senso dei nostri concittadini non produca nel giro di qualche giorno una nuova impennata che ci riporti indietro di due mesi.

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