Nel contesto di un’industria automotive alle prese con una crisi senza precedenti, Tesla chiude in maniera incoraggiante il primo trimestre 2020, confermando una scia positiva che dura ormai da nove mesi. E che è alimentata anche dalla pioggia di milioni provenienti da quei costruttori che acquistano i cosiddetti “crediti di carbonio” dall’azienda di Palo Alto, fra cui la stessa FCA, che cederà a Tesla 1,8 miliardi di euro fino al 2023.

L’analisi del bilancio parla di un utile di 16 milioni di dollari, non straordinario se riferito a una multinazionale da quasi 370 mila auto l’anno, ma notevole se considerato il periodo in corso e che il corrispondente trimestre del 2019 aveva fatto segnare una perdita da 702 milioni, cui avevano contribuito i ritardi produttivi della Model 3.

Proprio quest’ultima ha fatto impennare le consegne dell’azienda nel periodo gennaio-marzo, aumentate del 40% a quasi 88.500 unità – di queste, 76.266 sono Model 3, con le vendite della berlina in crescita del 50% rispetto al primo trimestre 2019 –, nonostante le limitazioni da Covid-19 abbiano impedito di far meglio, specie in Europa e Usa. E comunque, a marzo la Model 3 è stato il secondo modello più venduto in Europa dopo una certa Volkswagen Golf.

E proprio la chiusura della fabbrica di Fremont, imposta dalle autorità locali della California lo scorso 23 marzo, ha fatto infuriare Elon Musk: “Questi provvedimenti sono fascisti, antidemocratici e contro la libertà”, ha tuonato l’imprenditore di origine sudafricana: “Se qualcuno vuole restare a casa sua è magnifico. Si dovrebbe essere autorizzati a rimanere a casa propria, non costretti o minacciati di arresto se si esce. Questa non è democrazia e non è libertà”.

Un nervosismo comprensibile, perché la chiusura dello stabilimento in questione rischia di avere ripercussioni pesantissime per il portafoglio dell’azienda, alle prese con un forte assorbimento di cassa, in passato arginato con aumenti di capitale ed emissione di prestiti obbligazionari ad alto rendimento. Ragion per cui i target annuali, precedentemente prefissati, sono stati annullati: fra questi c’era una previsione delle consegne in crescita del 36% a oltre 500 mila unità. “È difficile ipotizzare con quale rapidità la produzione di veicoli e la sua catena di fornitura globale torneranno ai livelli precedenti”, spiega il costruttore, che aggiornerà i target 2020 alla fine del secondo semestre.

Sembra invece essere al sicuro il piano industriale: “Continuiamo a investire in modo significativo nella nostra tabella di marcia per i prodotti e nei piani di espansione della capacità a lungo termine, poiché disponiamo di liquidità sufficiente”, ha spiegato la Casa. “Abbiamo assolutamente intenzione di accelerare sui nuovi prodotti e sulla crescita”, sostiene Musk, speranzoso che i suoi programmi siano sostenuti dal successo della Model 3 ma anche del Suv Model Y (che sarà prodotta pure in Germania, vicino Berlino, oltre che in Cina, nella fabbrica di Shanghai), che deve ancora rivelare il suo potenziale commerciale.

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