Non è stato scarcerato grazie alle norme speciali adottate dal governo per combattere l’epidemia di coronavirus, cioè grazie al decreto Cura Italia. No, il colonnello di Bernardo Provenzano è uscito solo applicando le leggi ordinarie. Nel provvedimento che lo riguarda, però, il giudice cita chiaramente “l’emergenza sanitaria” e il “rischio contagio” del Covid-19. I domiciliari concessi a Francesco Bonura per motivi di salute sono diventati un vero e proprio caso politico. Non poteva essere altrimenti, visto che a tornare a casa non è un detenuto comune, ma l’ex uomo di fiducia di Provenzano, fino a poche ore fa recluso in regime di 41bis nel carcere di Opera a Milano. Una scarcerazione che ha provocato le reazioni di autorevoli magistrati come Nino Di Matteo, ma che ha anche scatenato le opposte fazioni politiche. Il Pd e il Movimento 5 stelle hanno chiesto la convocazione dela commissione Antimafia, mentre l’opposizione – guidata dalla Lega di Matteo Salvini – ha approfittato dell’occasione per attaccare il governo. Il motivo? I partiti di centrodestra lasciano intuire che la scarcerazione di Bonura sia legata ai provvedimenti speciali contenuti dal decreto Cura Italia.

La nota del tribunale di Sorveglianza – Un’affermazione che non corrisponde alla verità e che ha costretto il ministro della giustizia a replicare: via Arenula si è attivata per verificare la vicenda di Bonura, ma – chiarisce Alfonso Bonafede – “tutte le leggi approvate da questa maggioranza e riconducibili a questo governo sanciscono esplicitamente l’esclusione dei condannati per mafia da tutti i cosiddetti benefici penitenziari”. Persino il tribunale di Sorveglianza è dovuto intervenire con una nota per chiarire che la scarcerazione di Bonura è basata su un “provvedimento” adottato “secondo la normativa ordinaria applicabile a tutti i detenuti, anche condannati per reati gravissimi, a tutela dei diritti costituzionali alla salute e all’umanità della pena”. Il boss di Cosa nostra, continua la nota dei giudici, era “affetto da gravissime patologie” e gli rimanevano da scontare 11 mesi, 8 con la liberazione anticipata.

Il provvedimento del giudice su Bonura – Tutte informazioni contenute nel provvedimento che il 20 aprile ha concesso i domiciliari all’ex colonnello di Provenzano. In un documento di tre pagine il giudice, dopo aver spiegato che Bonura sta finendo di scontare una condanna a 18 anni e 8 mesi per associazione mafiosa ed estorsione (fine pena: 12 marzo 2021), elenca alcune patologie del detenuto, che nel 2013 è stato operato per un tumore al colon e soffre ipertensione arteriosa. I dettagli del quadro clinico del boss dell’Uditore – che il fattoquotidiano.it riporta solo dopo che sono stati diffusi dai suoi legali, gli avvocati Flavio Sinatra e Giovanni Di Benedetto – sono contenuti in una relazione sanitaria del 7 aprile 2020. “In considerazione dell’età avanzata del soggetto e della presenza di importanti problematiche di salute, con particolare riguardo alle patologie di natura oncologica e cardiaca, vi siano nell’attualità i presupposti per il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena”, scrive il magistrato, spiegando perché sta consentendo a Bonura di tornare nella sua casa di Palermo. Poi però cita il particolare momento che sta attraversando il Paese: “Anche tenuto conto dell’attuale emergenza sanitaria e del correlato rischio di contagio, indubitamente più elevato in un ambiente ad alta densità di popolazione come il carcere, che espone a conseguenze particolarmente gravi i soggetti anziani e affetti da serie patologie pregresse“. Quindi dopo aver citato l’epidemia, la giudice metteva nero su bianco: “Siffatta situazione facoltizza questo magistrato a provvedere con urgenza al differimento dell’esecuzione pena“.

Il Cura Italia e la nota del Dap – Dunque è vero che Bonura è stato scarcerato sulla base delle norme ordinarie e non grazie a leggi speciali varate dall’esecutivo per combattere il contagio nelle carceri. Ma è anche vero che il magistrato ha valutato l’emergenza come elemento fondamentale per la concessione dei domiciliari. Come mai, visto che il governo ha escluso i mafiosi da quel beneficio? Nel decreto Cura Italia l’esecutivo ha stabilito che per diminuire l’affollamento dei penitenziari i detenuti condannati per reati di minore gravità, e con meno di 18 mesi da scontare, potevano farlo agli arresti domiciliari. Una norma, dunque, che escludeva i mafiosi. Il 21 marzo del 2020, però, il Dipartimento amministrazione penitenziaria ha inviato una circolare per chiedere alle varie carceri di stilare una lista dei detenuti over 70 e con alcune patologie e di fornirla “con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza”. Che determinazioni? Quella nota ha mandato fibrillazione gli ambienti giudiziari legati alla gestione carceraria. Il motivo? Non fa distinzione fra i detenuti, e quindi include in quegli elenchi di ultrasettantenni anche i circa 75o carcerati in regime di 41 bis e le migliaia che invece stanno nei reparti ad Alta sicurezza. Cioè il carcere duro dove sono reclusi boss mafiosi e stragisti.

La precisazione del Dap e i boss che sperano – Che quella nota abbia una valenza particolare lo testimonia il fatto che sempre il Dap abbia scelto proprio il giorno della scarcerazione di Bonura per diffondere un comunicato di precisazione. Quella circolare inviata il 21 marzo (esattamente un mese fa) era “un semplice monitoraggio con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni”. Insomma, il Dap ci tiene a specificare che gli arresti casalinghi per i boss mafiosi sono scelte che spettano solo ai magistrati. È dopo quella lettera, però, che nei penitenziari di tutta Italia i detenuti hanno cominciato a chiedere relazioni sanitarie che attestassero il proprio stato di salute. Atti che sono finiti poi sul tavolo di un giudice di Sorveglianza. È il caso di Bonura, che ha già ottenuto i domiciliari, ma adesso ambiscono alla scarcerazione anche tanti altri mafiosi di rango come Leoluca Bagarella e Nitto Santapaola, l’inventore della Nuova camorra organizzata, Raffaele Cutolo, il capostipite di ‘ndrangheta Umberto Bellocco. Hanno tutti più di 70 anni e sono affetti da alcune patologia: sono quindi stati tutti inclusi negli elenchi che i penitenziari hanno fornito “con solerzia all’autorità giudiziaria, per eventuali determinazioni di competenza”, come aveva ordinato il Dap. Adesso sperano di uscire finalmente di galera: non grazie a leggi speciali ma sfruttando comunque la situazione d’emergenza. Un altro virus più potente e letale del Covid-19.

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