Da una parte il fronte interno: un nuovo decreto di almeno 50 miliardi e un piano in cinque punti per affrontare una fase 2 che si preannuncia complessa e delicata. Dall’altra le trattative in Europa: l’Italia al prossimo consiglio europeo del 23 aprile chiederà strumenti “consistenti e immediati” e soprattutto rifiuterà “compromessi al ribasso”. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, per la seconda volta dall’inizio della crisi sanitaria, si è presentato in Senato prima e alla Camera poi per l’informativa sulle misure messe in campo per far fronte all’emergenza coronavirus e, in coda, ha riferito la linea che il governo intende tenere al tavolo con i leader europei.

Come prima cosa, riproponendo quanto detto in mattinata su Facebook sulla necessità di evitare aperture irresponsabili, ha parlato della ripartenza che dovrà essere “omogenea” e prevedere “un piano strutturato”. Ha riassunto quindi la strategia del governo in cinque punti: intanto l’uso delle mascherine fino a quando non sarà trovato un vaccino, il rafforzamento delle reti sanitarie, lo sviluppo di ospedali covid, l’uso corretto dei test, la mappatura dei contatti sospetti. Poi, nella seconda parte del suo intervento, ha parlato di come il governo intende muoversi in Europa nei prossimi giorni: l’Italia appoggia le proposte di Francia e Spagna, mentre sulle condizionalità o meno nell’uso del Mes (uno strumento che il premier continua a ritenere inadeguato) aspetta di leggere i regolamenti applicativi che usciranno dai tavoli alla fine dei questa settimana.

La fase 2 e la strategia in cinque punti – Parlando ai senatori, Conte ha riconosciuto come quella che si apre per il Paese sia “una fase molto complessa“. “Dobbiamo procedere a un allentamento del regime attuale delle restrizioni e fare il possibile per preservare l’integrità del nostro tessuto produttivo. Il motore del Paese deve avviarsi ma sulla base di un programma ben strutturato”. E’ necessario sì ripartire, ma il governo ha deciso di farlo seguendo una “strategia in cinque punti“. Innanzitutto, ha annunciato, “sarà necessario mantenere e far rispettare, a tutti i livelli, le misure per il distanziamento sociale e promuovere l’utilizzo diffuso dei dispositivi di protezione individuale, fino a quando non saranno disponibili una specifica terapia e un vaccino”. Al secondo punto si prevede di rafforzare le reti sanitarie del territorio come arma principale per combattere il virus. “A questo riguardo”, ha detto, “il governo si sta adoperando perché siano rafforzati tutti i servizi di prevenzione e sta sollecitando una rinnovata integrazione tra le politiche sanitarie e quelle sociali, con particolare attenzione a case di cura e residenze sanitarie assistenziali, ove si è verificata, purtroppo, un’esplosione incontrollata dei contagi, specialmente in alcune aree del Paese”. “Tre: intensificare, in tutto il territorio, la presenza di Covid hospital come strumento fondamentale della gestione ospedaliera dei pazienti”. Con l’obiettivo di “ridurre notevolmente il rischio di contagio per gli operatori sanitari e per i pazienti ricoverati per altre malattie”, ha continuato il premier. “Quattro: uso corretto dei test, sia di quelli molecolari (banalmente il tampone), che oggi sono l’unico strumento certo di identificazione del virus, sia di quelli sierologici (per intenderci, le analisi del sangue), utile strumento di indagine e conoscenza epidemiologica, anche al fine di predisporre un piano nazionale che potrà fotografare efficacemente lo stato epidemiologico del nostro Paese”. Proprio a questo proposito, Conte ha riferito come il 17 aprile sia stata indetta dal commissario Arcuri una gara in procedura semplificata e di massima urgenza per la fornitura di kit reagenti e consumabili per l’effettuazione di 150.000 test finalizzati ad un’indagine campione sulla diffusione dell’infezione nella popolazione italiana, con possibile successiva estensione di ulteriori 150.000 test. Infine, il quinto punto: “Rafforzamento della strategia di mappatura dei contatti sospetti (contact tracing) e di teleassistenza con l’utilizzo delle nuove tecnologie”, E’ questo un passaggio ritenuto cruciale “per evitare che singoli contagiati possano determinare nuovi focolai”: “Questa applicazione però”, a differenza delle indiscrezioni circolate nelle ultime ore, “sarà comunque offerta su base volontaria e non obbligatoria e faremo in modo che chi non vorrà scaricarla non subirà limitazione nei movimenti o altri pregiudizi”. Sulla app Immuni, questo è il nome dell’applicazione, “i capigruppo di maggioranza e minoranza saranno costantemente informati e io stesso mi riservo di riferire alle Camere”.

Sulle riaperture e l’allentamento necessario delle misure anti-contagio, il premier ha parlato della necessità che ci si muova in maniera coordinata: “Stiamo elaborando un programma di progressive riaperture che sia omogeneo su base nazionale e che ci consenta di riaprire buona parte delle attività produttive e anche commerciali tenendo sotto controllo la curva del contagio”. E proprio la soglia del contagio di riferimento “vogliamo che sia commisurata alla recettività delle strutture ospedaliere delle aeree di riferimento”. Quello della fase 2, ha insistito Conte, è “uno dei passaggi più sensibili e complessi: “Un’avventatezza in questa fase può compromettere tutti i sacrifici che i cittadini con responsabilità e disciplina hanno affrontato fin qui”.

Il nuovo decreto di almeno 50 miliardi di euro – Quindi Conte ha parlato degli interventi economici sui quali sta lavorando il governo: “Le recenti previsioni del Fmi”, ha detto, “stimano una caduta del 9,1% del Pil. Di fronte a questo quadro dobbiamo potenziare ulteriormente la risposta di politica economica, perciò il governo invierà a brevissimo al Parlamento un’ulteriore relazione con una richiesta di scostamento pari a una cifra ben superiore a quella stanziata a marzo”. Parlando di numeri, Conte ha rivelato: “Sarà una cifra non inferiore a 50 miliardi di euro, con un intervento complessivo che, sommando i precedenti 25 miliardi, sarà non inferiore a 75 miliardi“. Il premier ha detto di essere consapevole di come l’emergenza incida “sulle fasce più fragili”: “Rischia di creare nuove povertà e lacerare un tessuto sociale già provato. Abbiamo già compiuto alcuni passi. Il governo però è consapevole che questi interventi non sono sufficienti: occorre un sostegno alle famiglie e alle imprese prolungato nel tempo ancora più incisivo”.

Il rapporto con le opposizioni – Nel suo discorso il premier ha anche ribadito la sua volontà a tenere aperto il dialogo. Si tratta questo di un tema sul quale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sempre spinto molto, fin dall’inizio della crisi sanitaria, e sul quale le forze politiche però non hanno trovato particolare sintonia. Quella responsabilità in nome dell’unità nazionale è stata ben presto accantonata per lasciar spazio ai dissidi tra maggioranza e opposizione: “In un momento così difficile desidero confermare la piena disponibilità al dialogo, mio e dell’intero governo, con le forze di opposizione”, ha detto il premier. “Il contributo di una opposizione responsabile troverà sempre apertura e considerazione”. Parole che a molti hanno anche ricordato le aperture sul fronte di Forza Italia che, specialmente sulle trattative in Europa, tende a mollare i compagni di coalizione e seguire le forze di governo. Una disponibilità che lo stesso Conte ha apprezzato in varie occasioni.

Alle parole del premier sulla disponibilità al dialogo, in Aula è iniziato a sollevarsi un brusio sempre più insistente e alcuni parlamentari, dai banchi delle opposizioni, hanno protestato. “Che dici? Non sfottere! Bugiardo! Vergogna”, hanno gridato i senatori leghisti. Tanto che è dovuta intervenire la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati: “Un po’ di rispetto, per cortesia”, ha detto. E Conte ha continuato: “Ringrazio in particolare la maggioranza che sostiene il governo, ma anche ogni singolo parlamentare per l’impegno, l’apporto costruttivo anche quando critico e il sostegno che non state facendo mai mancare”. Quindi ha chiuso promettendo ancora una volta maggiore coinvolgimento: “Sono consapevole che i decreti finora adottati hanno lasciato parziali le legittime richieste delle forze politiche di voler contribuire con le proprie proposte. Assicuro che nella costruzione del corpus di misure del prossimo decreto legge sarà assicurata la massima attenzione alle istanze dei parlamentari“.

Il fronte europeo – L’altra partita decisiva per il governo si gioca appunto in Europa. Conte, davanti ai senatori, ha parlato di quali posizioni porterà sul tavolo del consiglio europeo. Ha fatto un riassunto di posizioni già espresse nei giorni scorsi, ma che ha ufficializzato di fronte all’Aula. “L’Ue e l’Eurozona”, ha detto, “non possono permettersi di ripetere gli errori commessi nella crisi finanziaria del 2008, quando non si riuscì a dare una risposta comune. E’ un rischio che non ci possiamo permettere di correre perché il fallimento nel produrre una risposta adeguata e coraggiosa provocherebbe un grave danno allo stesso progetto europeo”. Si tratta di frasi che a loro modo rievocano i toni ancora più forti usati dal premier nelle scorse settimane, quando ha detto “altrimenti dovremo fare da soli”.

Conte ha anche affrontato il dibattito sul tanto contestato Mes, ovvero il fondo salva Stati che divide maggioranza e opposizione: “Sull’ormai strafamoso Mes si è alimentato nelle ultime settimane un dibattito che rischia di dividere l’Italia in opposte tifoserie”, ha detto ricitando un suo intervento dei giorni scorsi che proprio condannava “il tifo”, “ma l’intento è procedere con la massima cautela“. Quindi si è rivolto a “chi esprime dubbi su questa linea di credito, che contribuisce a un dibattito democratico e costruttivo”. E ha garantito: “Ritengo che questa discussione debba avvenire in modo pubblico, trasparente, in Parlamento, al quale spetterà l’ultima parola”.

In particolare, a chi lo accusa di non aver chiuso al Mes, come chiedono invece i 5 stelle, in caso si preveda che non abbia condizionalità, ha ribadito che non è sua intenzione mettere veti a strumenti sui quali sono interessati altri Stati: “Ci sono Paesi in Ue che hanno dimostrato interesse” al Mes senza condizioni. “La Spagna ha dimostrato di essere interessata purché non abbia le condizionalità” previste prima dell’emergenza. “Rifiutare questa nuova linea di credito significherebbe fare un torto a questi Paesi che ci affiancano nella battaglia” in Ue. “Per capire se il Pandemic Crisi Support (la nuova linea di credito che fa riferimento al Mes, ndr) sarà effettivamente” senza condizionalità “bisogna attendere l’elaborazione dei documenti predisposti per erogare questa linea di credito. Solo allora potremo discutere se il relativo regolamento può essere o meno opportuno agli interessi nazionali”.

Il governo però si muove su un altro fronte. “L’Italia sostiene una risposta coordinata, ambiziosa in relazione allo shock da covid con l’idea che il recovery fund dovrà essere conforme ai trattati perché non abbiamo tempo per modificarli”. Questo fondo, “va gestito a livello europeo senza carattere bilaterale, deve essere ben più consistente degli strumenti attuali, mirato a far fronte a tutte le conseguenze economiche sociali, immediatamente disponibile e se dovrà ricadere nel quadro finanziario pluriennale dovrà essere messo a disposizione subito attraverso garanzie che ne anticipino l’applicazione”. In merito al recovery fund, ha detto Conte “appoggiamo la proposta francese avendo chiesto di integrarla in modo da rispondere più puntualmente ai requisiti che riteniamo imprescindibili. Da ultimo è stata presentata una proposta spagnola che pure, ma con qualche suggerimento di variazione, potremmo appoggiare per la sua conformità alle nostre finalità”. E ha aggiunto: “Siamo convinti delle nostre motivazioni. All’inizio eravamo soli, ora sono con noi altri otto Paesi. E’ fondamentale un European recovery fund. Il rapporto dell’Eurogruppo ne richiama la necessità il più velocemente possibile: deve essere capace di strutturarsi con debito comune sui mercati finanziari”.

Decisivo sarà il prossimo consiglio europeo del 23 aprile che, “non sarà risolutivo ma dovrà dare un indirizzo chiaro”. E, a quel tavolo, ha chiuso Conte: “Non accetterò un compromesso al ribasso. Non siamo di fronte a un negoziato a somma zero. Qui o vinceremo tutti o perderemo tutti”.

Gli interventi – In Senato, dove né Matteo Salvini né Matteo Renzi hanno deciso di intervenire, lo scontro più significativo è stato al termine del dibattito tra il 5 stelle Danilo Toninelli che ha criticato la gestione della Lombardia e il leghista Pasquale Pepe che lo ha accusato di aver fatto un “attacco vigliacco”.

In generale, a dividere le forze politiche rimane il Mes. Perché se da una parte i leghisti accusano Conte di volerlo attivare, dall’altra nella stessa maggioranza non mancano le aperture a prendere in considerazione l’ipotesi. Così ha spiegato la posizione dem il capogruppo Andrea Marcucci: “Il Pd crede ci voglia la giusta cautela, sappiamo cosa è stato, ma anche cosa vorremmo diventasse. Ci auguriamo sia fonte di credito e garanzia elevata, senza condizionamento e con tempi di restituzione molto lunghi. Se così fosse, dobbiamo non chiamarlo più Mes ma bisogna valutare se utilizzarlo o meno nell’interesse del Paese, non nel pregiudizio”. All’attacco i renziani con Davide Faraone: “Basta ambiguità sul Mes dal governo italiano. Conte non può scolorare l’europeismo italiano per caldeggiare le folli idee di Di Battista, nel nome di uno scontro politico che nulla ha a che fare con gli interessi prioritari del Paese, primo tra tutti quello di rimettere in sesto il sistema sanitario”. Mentre per i 5 stelle Conte ha “smentito le fake news” e ribadito il no all’uso del fondo salva-Stati.

Alla Camera è invece intervenuta, durante il dibattito, Giorgia Meloni accusandolo di non aver voluto far votare il Parlamento (in realtà così è stato deciso dalla capigruppo): “Oggi non votiamo per evitare che possano emergere le contraddizioni di questa maggioranza. Lei in tv dice di essere trasparente ma in realtà lavora con il favore delle tenebre, non ci faccia lezioni in tv”, ha detto citando alcune delle frasi usate da Conte per smentire “sotterfugi”. “In realtà ha vinto il Pd, pensando di cambiare nome al Mes, chiamandolo Fes per farlo digerire ai 5 stelle, per rendere chiara l’idea che hanno del loro alleato di governo, ma gli italiani non sono fes”, ha chiuso.

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