Avevano già denunciato sui media le carenze nei protocolli interni di sicurezza della struttura, che avrebbero favorito il contagio tra ospiti e operatori, e le “velate” minacce per chi voleva usare le mascherini e altri presidi di sicurezza. Ora infermieri e operatori del Pio Albergo Trivulzio di Milano, la casa di riposo e cura dove tra marzo e aprile hanno perso la vita 100 ospiti, hanno cominciato a raccontare agli inquirenti della procura di Milano e agli investigatori della Guardia di finanza cosa accadeva e perché. I dispositivi di protezione individuale erano sgraditi: “Ci minacciavano se usavamo le mascherine, non dovevamo spaventare i pazienti” hanno dichiarato a verbale.

Stando ai racconti dei lavoratori e ad una lettera di diffida che era stata inviata dai sindacati Cisl-Cgil ai vertici della struttura (tra cui il direttore generale Giuseppe Calicchio, indagato per epidemia e omicidio colposi) gli operatori avrebbero ricevuto le mascherine per proteggere loro stessi e gli anziani ospiti oltre un mese dopo lo scoppio dell’epidemia in Lombardia, il 23 marzo scorso. E gli stessi sindacati avevano parlato delle “velate minacce” agli operatori. Anche tra lo stesso personale del Trivulzio, però, in questi giorni sono volate accuse incrociate tra chi difende i vertici e chi li accusa, come hanno fatto molti familiari degli anziani con le loro denunce.

Venerdì è stata sentita un’infermiera che lavora all’Istituto Frisia di Merate (Lecco), struttura che fa capo al Trivulzio, e che ha ripetuto ciò che aveva già denunciato: mancavano i “presidi sanitari” di sicurezza, i pazienti e gli anziani con sintomi “non venivano isolati” in modo corretto e i parenti continuavano ad entrare anche dopo lo scoppio dell’epidemia. Gli investigatori delle Fiamme gialle in videoconferenza hanno iniziato a raccogliere testimonianze su presunti errori di gestione da parte dei responsabili del Pat. E proprio nell’Istituto Frisia è in corso da stamani un’ispezione dei carabinieri del Nas per acquisire documentazione. Oggi proseguono anche i controlli, come avvenuto nei giorni scorsi, del Nucleo antisofisticazione e sanità di Milano, guidato dal tenente colonnello Salvatore Pignatelli, in altre Rsa di quattro province lombarde: oltre a Milano, anche a Monza, Como e Varese.

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