“È il momento di mostrare più ambizione, più unità e più coraggio“. Mentre si conclude la prima settimana di trattative in vista dell’Eurogruppo del 7 aprile e a una settimana esatta dalla spaccatura tra gli Stati membri sulle misure economiche per superare lo choc, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha scritto una lettera aperta alla presidente della commissione Ue Ursula Von der Leyen. Il testo, pubblicato su Repubblica, è una risposta alla missiva della stessa presidente che sullo stesso quotidiano si era rivolta all’Italia. “Di fronte a una tempesta come il Covid-19 che riguarda tutti, non serve un salvagente per l’Italia”, è il messaggio del premier, “serve una scialuppa di salvataggio solida, europea, che conduca i nostri Paesi uniti al riparo”. Insomma, la linea del governo italiano non è cambiata: di fronte a un’emergenza straordinaria, si chiedono risposte “straordinarie”. E, come già detto una settimana fa, non intende accettare soluzioni del passato, nonostante il fronte dei falchi non sembri intenzionato a cedere. Dopo l’ultimo Consiglio europeo, si legge ancora nella lettera di Conte, “alcune anticipazioni dei lavori tecnici che ho potuto visionare non sembrano affatto all’altezza del compito che la storia ci ha assegnato. Si continua a insistere nel ricorso a strumenti come il Mes che appaiono totalmente inadeguati rispetto agli scopi da perseguire”.

Conte ha quindi rilanciato la proposta di un European Recovery and Reinvestment Plan, necessario anche per “non perdere la sfida della competizione globale”. “Si tratta”, scrive, “di un progetto coraggioso e ambizioso che richiede un supporto finanziario condiviso e, pertanto, ha bisogno di strumenti innovativi come gli European Recovery Bond: dei titoli di Stato europei che siano utili a finanziare gli sforzi straordinari che l’Europa dovrà mettere in campo per ricostruire il suo tessuto sociale ed economico”. Questo tenendo presente il concetto, già espresso in una intervista a inizio settimana alla tv pubblica tedesca, che gli eurobond “non sono volti a condividere il debito che ognuno dei nostri Paesi ha ereditato dal passato, e nemmeno a far sì che i cittadini di alcuni Paesi abbiano a pagare anche un solo euro per il debito futuro di altri”.

In gioco, secondo il premier, c’è il futuro stesso dell’Unione europea. “Si tratta, piuttosto, di sfruttare a pieno la vera ‘potenza di fuoco’ della famiglia europea, di cui tutti noi siamo parte, per dare vita a un grande programma comune e condiviso di sostegno e di rilancio della nostra economia, e per assicurare un futuro degno alle famiglie, alle imprese, ai lavoratori, e a tutti i nostri figli”.

E, come già detto più volte dall’inizio della crisi, ha ribadito: “Siamo chiamati a compiere un salto di qualità che ci qualifichi come ‘unione’ da un punto di vista politico e sociale, prima ancora che economico”. Per questo, è il suo ragionamento: “Deve essere la solidarietà l’inchiostro con cui scrivere questa pagina di storia: la storia di Paesi che stanno contraendo debiti per difendersi da un male di cui non hanno colpa, pur di proteggere le proprie comunità, salvaguardando le vite dei loro membri, soprattutto dei più fragili, e pur di preservare il proprio tessuto economico-sociale”.

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