Più uomini che donne. I contagiati in media hanno 62 anni, le vittime almeno quindici di più e hanno due o tre patologie preesistenti. Solo l’1% ha meno di 18 anni. Questa è la fotografia delle caratteristiche dei pazienti e dei decessi da coronavirus che emerge dal bollettino bisettimanale prodotto dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) vengono integrati dati microbiologici ed epidemiologici forniti dalle Regioni e dal Laboratorio Nazionale di Riferimento per Sars-CoV-2. Nello studio, aggiornato al 26 marzo, si sottolinea anche che il 9% dei casi segnalati sono operatori sanitari. In questo caso, l’età media si abbassa notevolmente: 49 anni. E solo il 35% è di sesso maschile. Patologie, tempi di ricovero, terapie: ecco tutti gli aspetti analizzati nello studio.

Colpiti più gli uomini delle donne – Complessivamente, il virus colpisce più uomini che donne, e la maggior parte dei contagi si registra tra i 50 e i 79 anni. Il 58% dei positivi (42.049) è di sesso maschile, l’età mediana è di 62 anni: la differenza nel numero di casi segnalato per sesso aumenta progressivamente negli uomini fino alla fascia di età 70-79 anni. Unica eccezione: la fascia tra i 20 e i 39 anni, in cui il numero delle donne contagiate è leggermente superiore. Fa eccezione anche la fascia di popolazione con più di 90 anni, ma qui si spiega con la composizione demografica (le donne sono generalmente più longeve). Anche la letalità evidenzia un incremento parallelo all’aumentare dell’età ed è generalmente più elevata negli uomini, in tutte le fasce di età.

Età media: 62 anni per i contagiati, 78 per le vittime – L’età media dei pazienti Covid-19 deceduti è 78 anni. L’età mediana delle vittime, fanno notare, è più alta di oltre 15 anni rispetto all’età media dei pazienti positivi, che si attesta a 63 anni. Le donne rappresentano il 29,6% ( sono 2012) e in genere hanno un’età più alta rispetto agli uomini (82 anni).

Incidenza tra i sanitari: più giovani e più donne – Alla data del 26 marzo, riporta il bollettino, erano stati diagnosticati 6.414 casi tra operatori sanitari, circa il 9% dei casi segnalati. “È evidente – si legge – l’elevato potenziale di trasmissione in ambito assistenziale di questo patogeno”. L’età media, in questo caso si abbassa notevolmente: 49 anni. Contrariamente all’incidenza generale, solo il 35% è di sesso maschile. L’Iss fa notare che la “letalità negli operatori sanitari è più bassa rispetto al totale dei casi diagnosticati tuttavia il dato è in fase di consolidamento. Questo è verosimilmente dovuto al fatto che gli operatori sanitari, asintomatici e paucisintomatici, sono stati più diagnosticati rispetto alla popolazione generale.

Decessi al di sotto dei 50 anni – Al 26 marzo, i pazienti positivi deceduti di età inferiore ai 50 anni, sono l’1,2%: 84 su 6801. In particolare, 17 di questi avevano meno di 40 anni, 14 uomini e 3 donne con età compresa tra i 30 ed i 39 anni. Tra le vittime under40, 8 presentavano gravi patologie preesistenti (malattie cardiovascolari, renali, diabete, obesità).

L’1% dei casi ha meno di 18 anni – I casi diagnosticati in questa fascia d’età sono circa l’1% del totale. Un terzo ha meno di 2 anni, più della metà hanno dai 6 anni in su. Di questi, è in ospedale circa l’11% dei casi (ma anche qui, precisano, il campione studiato è circa il 75% dei casi totali sotto i 18 anni) e nessuno di essi è in terapia intensiva.

Patologie pre-esistenti: la metà delle vittime ne aveva 3 – In media, le vittime avevano 2,7 patologie: i ricercatori perà specificano che in questo caso il campione è più ristretto (710 deceduti) perché non sempre sono disponibili le informazioni sulle condizioni cliniche preesistenti. La metà dei pazienti esaminati presentava 3 o più malattie già esistenti, solo il 2.1% del campione non presentava alcuna patologia, il 21.3% ne presentava una, il 25.9% due.

Tempi: dopo 4 giorni il ricovero, dopo 9 il decesso – Dall’insorgenza dei sintomi al decesso, dicono i dati, in media passano 9 giorni: 4 dall’insorgenza dei sintomi al ricovero in ospedale, e 5 dal ricovero in ospedale al decesso. In particolare, si nota che il tempo intercorso dal ricovero in ospedale al decesso è di 2 giorni più lungo in coloro che sono stati trasferiti in rianimazione, rispetto a quelli che non sono stati trasferiti (6 giorni contro 4 giorni).

Terapie utilizzate – Durante il ricovero dei pazienti, la terapia antibiotica è stata quella più utilizzata (nell’86% dei casi), meno usata quella antivirale (54%), più rara la terapia steroidea (35%). Gli antibiotici, bisogna sottolineare, che vengono usati per trattare la presenza di sovrainfezioni. Solo in 42 casi (8,1%) sono state utilizzate tutte e tre le terapie.

Qui il report completo su dati epidemiologi e decessi.

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