“Per le imprese di onoranze funebri della provincia di Bergamo è arrivato il momento di fermarsi e tutelare così la vita e la salute dei cittadini”, ha annunciato Antonio Ricciardi, presidente della categoria onoranze funebri della Lia (Liberi imprenditori associati), di Bergamo, la città più colpita dall’epidemia, dove il numero delle morti è così alto che i feretri sono stati trasportati in altre città per il sovraffollamento. Le foto dei feretri che lasciavano la città in una processione di mezzi militari rimarranno come una delle immagini più forti, e dolorose, della pandemia.

Ma nonostante la situazione di emergenza – già difficilissima e surreale – la decisione di fermarsi nasce dalle condizioni di lavoro degli operatori: poche mascherine e troppi contatti personali, una combinazione potenzialmente pericolosissima per la diffusione del virus. “Nonostante gli appelli (inascoltati) dei giorni scorsi – spiega ancora Ricciardi – l’assenza di un monitoraggio sanitario sugli operatori da parte delle autorità, e la difficoltà nell’approvvigionamento di dispositivi di protezione, continuano ad esporre la collettività, soprattutto anziani, malati e disabili, ad un enorme rischio di contagio”. Infatti, prosegue, “nelle condizioni attuali, chi entra ed esce quotidianamente dalle strutture sanitarie e dalle abitazioni dei parenti dei defunti, diventa infatti non solo una facile preda, ma anche un veicolo perfetto per la diffusione del virus Covid-19″. Dal 30 marzo, perciò, si interromperanno le attività delle onoranze funerali. “Le uniche soluzioni affinché il servizio possa continuare nel rispetto della sicurezza dei cittadini – puntualizza Ricciardi- restano il monitoraggio degli operatori tramite tamponi periodici, così come dovrebbe essere per tutti gli operatori sanitari, e un canale di fornitura prioritario (a pagamento) di dispositivi di protezione individuale. È ora che siano le coscienze individuali ad entrare in gioco“.

Invece ha intenzione di sospendere il servizio la Bergamo onoranze funebri srl, società di cui è socio unico il Comune di Bergamo, ma certo, dice il presidente Fabrizio Ondei, “siamo in grandissima difficoltà”. E le difficoltà sono date “dai numeri” dei decessi e dalla “difficoltà nel reperire i dispositivi di protezione” come appunto le mascherine. Meno difficile, pur in questa situazione di emergenza per il Coronavirus, è reperire le bare. “I nostri fornitori – racconta – ci hanno aperto tutte le possibilità, facendo anche viaggi notturni”. Racconta il presidente: “Il numero di telefonate che riceviamo è incalcolabile. La gente si lamenta che non riesce a parlare con noi”. E poi ci sono le richieste di aiuto che arrivano e che si fanno: “a volte ci telefonano le altre pompe funebri perché in ospedale ci sono ferme anche 20-25 bare che devono essere portate al cimitero”. Per smaltire il lavoro la società ha chiamato anche squadre da fuori “da Verona, da Trento e c’è una collaborazione con la Asf di Brescia”, grazie al comune ha trovato loro anche una sistemazione in albergo. Ma sono sempre meno perché iniziano ad avere problemi anche da loro.

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