Milano è costretta a dire stop alla cremazione dei non residenti. Il forno crematorio del cimitero di Lambrate non riesce più a smaltire i carichi di lavoro legati ai decessi nel Milanese, causati anche dall’emergenza coronavirus. Così a partire dal 29 marzo coloro che moriranno in città senza essere residenti “non potranno essere cremati”. È quanto si legge in una determina dirigenziale pubblicata sul sito del Comune, di cui dà conto Askanews. La decisione deriva dalla “saturazione dell’impianto in termini di cremazione e deposito dei feretri”.

Il numero di salme giunte nel centro di Lambrate è così consistente da aver impegnato la programmazione “sino al prossimo 3 aprile” e, si legge sempre nella delibera, i tempi di attesa per la cremazione “sono a cinque giorni” dall’arrivo, quindi anche “dieci giorni” dopo il decesso se si considerano i “tempi di stazionamento dei cadaveri presso le camere mortuarie ospedaliere”. Chi morirà a Milano senza essere residente potrà comunque essere sepolto nei cimiteri comunali senza dover pagare le tariffe previste per i servizi funebri.

I problemi legati al sovraccarico di lavoro dei forni crematori, quindi, toccano almeno in parte anche il capoluogo di regione dopo il caso di Bergamo, dove da giorni l’esercito continua a trasportare le salme dei defunti fuori regione per la cremazione.

Nella sola città si è passati da una media di 45 decessi al mese a oltre 300 a settimana. Ancora mercoledì a Seriate, dove la chiesa di San Giuseppe è stata trasformata in una camera mortuaria, è stato organizzato il trasferimento di 45 feretri.

Dopo una benedizione e la sanificazione le bare sono state caricate sui camion dell’esercito per essere trasportati al forno crematorio di Ferrara. Martedì un altro un trasporto simile era stato organizzato da Ponte San Pietro.

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