Il nuovo paradigma.
Al nostro ritorno troveremo un mondo diverso, mutato, differentemente distante.
È sotto gli occhi di chiunque abbia un minimo di senso: siamo fragili e vulnerabili.
E siamo potenzialmente meravigliosi.

La filosofia può salvarci, penso di sì.
Se impariamo ad amplificare il senso critico.

La scienza può salvarci, ritengo di sì.
Se impariamo ad affinare il senso critico.

La comunicazione di oggi può aiutarci.
Forse, se incrociamo più informazioni possibili, se… aumentiamo il senso critico.

Mai come oggi, dagli ultimi 60 anni, viviamo un senso di disorientamento aggravato da un caos di indicatori di direzioni. Tutti (molti, molti) si ergono a competenti senza competenze, mentre virologi, ricercatori e scienziati hanno dubbi, molti sproloquiano dopo aver letto un titolo da click bait e/o osservato una fotografia che li induca a una reazione emotiva che, a sua volta, li spinge a condividere tra i profili social che li rappresentano nell’agorà virtuale per lanciare opinioni con un assolutismo spiazzante.

La politica pubblica è al servizio di un sistema che lascia molti dubbi e ombre. Certo.
L’Italia sarà svenduta definitivamente? È l’Europa che lo vuole?
La comunicazione è controllata? A chi conviene?

Le piattaforme di intrattenimento, i social network, i distributori di servizi liquidi e di consegna a domicilio ne stanno certamente traendo un grande beneficio, ma, in ogni ambito, possiamo utilizzare il senso critico per stare all’erta o voler credere che possano esistere benefici per entrambe le parti.

Ogni strumento ha sempre almeno una valenza duplice. Dipende da ciò che ti spinge al suo utilizzo. Stiamo vivendo un’emergenza, causata o indotta (non mi avventuro adesso in ipotesi che possano degenerare in enormi campi di polemica), un’emergenza senza precedenti. Senza precedenti perché il mondo che abbiamo vissuto, fino al febbraio appena passato, non esisterà più e mai come oggi abbiamo avuto degli strumenti che ci mantengono in contatto con gli altri in una rete sociale tecnologica che non ha paragoni nella memoria umana.

Possiamo fare poco per gli aspetti di un sistema capitalistico che viene rimesso in discussione drastica e che induce alla ricerca di protezioni e tutele. Fornire una causa di pericolo alimenta la richiesta di controlli e sicurezza.

Fornire un servizio come il 5G e installarlo proprio in questi giorni in tutto il territorio nazionale senza permetterci di dire nulla, è quantomeno bizzarro, alla luce dei divieti estremamente restrittivi e delle ricerche sui rischi per la salute.

Cosa vivremo a breve, non lo sappiamo.
Le previsioni di alcune sceneggiature hanno regalato ipotesi non particolarmente amabili ma possiamo trarre molto bene da questo preciso momento di pausa del sistema quotidiano.
La memoria storica e la confortevole presenza dei più anziani sta venendo decimata. E il mio pensiero corre a un film come I Viaggiatori della sera – con Ugo Tognazzi – del 1979.

Ma adesso sta a noi. Pensatori, scrittori, persone che vogliono cogliere la preziosità di questa rivoluzione, costretta e forse necessaria, di abitudini e routine: “Non più ‘digito ergo sum’ ma un bel rispolvero del ‘cogito ergo sum’, that’s all folks!”.

La maratona di persone pensanti ha dato frutti? La filosofia promossa dagli amici di Tlon è davvero utile o, come alcuni criticoni sostengono, è impensabile parlare di filosofia fatta da radical chic che si divertono a confondere menti auto elevandosi al grado di pensatori e filosofi.

Ho sentito di altri che muovevano accuse per la giovane età di alcuni. Be’…
L’ignoranza, l’analfabetismo funzionale e l’effetto Dunning Kruger sono in espansione ma è lo spirito critico che ha aperto questo scritto ciò che deve guidarci. E, dunque, per me sì, è utile, è necessario un movimento che induca a riflettere. Anche per il semplice fatto di sentirci meno soli nel pensare. E, bada, non nell’abominio del pessimo e dannoso “overthinkimg” ma nel fare nostra questa opportunità di reset. Sentirsi parte di un’élite che può influenzare un numero in espansione di esseri senzienti a ri-prendere coscienza e, inevitabilmente, rendere la stessa élite meno esclusiva, meno élite. Distrarci, divertirci, di vertere e assumere una nuova prospettiva.

È un momento prezioso, tanto quanto drammatico.
O… è un momento drammatico, tanto quanto prezioso.
Abbiamo fermato la frenesia, o abbiamo dovuto fermare la frenesia.

Comunque sia, questa è la situazione, quali siano le reali cause, le ragioni – se ci sono – non è il fulcro di questo pensiero. Piuttosto, è il porsi delle domande o essere stimolati a domandare a noi stessi per ottenere delle risposte che ci rasserenino, e non può corrispondere a fermarci alla prima possibilità che ci faccia sentire confortati.
Deve essere l’analisi di cosa e come abbiamo vissuto fino ad oggi.
Noi stiamo vivendo un cambiamento epocale e possiamo essere vittime passive o attori protagonisti.

I bambini di oggi, domani, non si renderanno nemmeno conto della mutazione radicale. Un mio amico ha scritto a sua figlia che non può vedere perché separato e distante: “Vista la tua età probabilmente non ricorderai il ‘vecchio’ mondo, posso assicurarti che faceva schifo“.
E se da una parte mi commuove e mi stringe la bocca dello stomaco, dall’altra ho timore che non tutti sappiano cogliere questa possibilità per una partenza in una nuova direzione, che sia migliore.

Al momento il pianeta Terra ringrazia.

Noi, invece, dovremmo sentirci obbligati a renderci conto di quanto tutto ci riguardi direttamente, prenderne atto. Siamo un corpo unico, il tessuto dell’umanità, la razza umana, a sua volta parte di un’armonia cosmica. Dovremmo imparare a cancellare il dogma secondo cui risultiamo incapaci di pensare a qualcosa che non ci riguardi direttamente.

Quel “non ci riguarda, finché non succede”, il “Vero Intangibile” che non credi fino a che un tuo caro non sta male davvero, finché una legge non ti porta via la figlia; fino a quando non perdiamo il controllo dell’auto e uccidiamo persone, non rispetteremo i limiti della velocità. Adesso siamo tutti al posto di blocco in attesa del test e non è l’alcol. È la coscienza sociale, prima individuale e poi collettiva. E se cerchiamo chi si assuma responsabilità e viviamo il profondo bisogno di poter dare fiducia, forse dovremmo essere i primi a giocare come vorremmo che gli altri giocassero con noi.

Ricordiamo il “Non fare a gli altri ciò che non vuoi fatto”? Basilare, eh? Elementare.
La gentilezza dovrebbe riprendere il posto, scalzare l’arroganza.
E sarebbe bello immaginare che chi ci governa faccia davvero l’interesse comune e voglia tutelarci.

Intanto l’arte, la musica e l’intreccio del pensiero creativo saranno la cura e la proiezione per nuove soluzioni.

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