“Esiste una paura intesa come puro istinto, un istinto universale necessario per difendersi dai pericoli, legato alla nostra parte animale, senza alcuna elaborazione psichica. E poi ci sono la paranoie, espressioni di ansie che determinano comportamenti all’apparenza umani, ma fondamentalmente irrazionali”. I tempi in cui paura e paranoia si fondono nell’inedita emergenza coronavirus, FQ Millennium ha chiesto lumi a Luigi Zoja, illustre psicoanalista junghiano che da anni si focalizza i suoi studi proprio sulle paranoie. Il mensile diretto da Peter Gomez, nel numero attualmente in edicola dedicato in gran parte alla Lega di Matteo Salvini, ma “aggiornato” all’espolodere dell’emergenza, ospita una lunga intervista a Zoja, firmata da Nanni Delbecchi, che spazia dal Covid-19 alla politica, lungo il filo conduttore, appunto, della paura.

La paura come elemento centrale della nostra vita, oggi reclusa. Ma anche il carburante elettorale dei movimenti populisti, compreso quello guidato da Salvini. Una paura che però né il centrosinistra “ufficiale” né il movimento delle Sardine riescono a contrastare efficacemente. “È evidente che il cosiddetto populismo, termine in realtà molto recente, si basa su una gestione esagerata della paranoia, sul suscitare il sospetto continuo a proprio vantaggio, anche se non sappiamo mai quanto ci sia di malafede e di buona fede mista a follia, e francamente non sappiamo cosa è peggio”, argomenta Zoja.

Anche il governo, però, nei primi giorni della crisi “spiace dirlo ma ha fatto molto poco per circoscrivere una potenziale paranoia”, annunciando “provvedimenti adeguati” senza entrare nei dettagli, fornendo così gli elementi di preoccupazione, ma non quelli di sollievo. Nei momenti di gravi crisi, la paranoia diventa pericolosamente un elemento centrale del rapporto fra cittidini e potere. Durante la prima guerra mondiale, in Francia si diffuse il detto “Tutto può essere vero meno quello che riportano i bollettini ufficiali militari”. E a New York il giorno dopo l’11 Settembre – evento che lo psicoanalista ha vissuto in prima persona – “non ci si fidava più delle comunicazioni ufficiali, ma solo del proprio vicino, con un ritorno alla cultura orale”.

Leggi l’intervista integrale su FQ Millennium in edicola o acquista la copia digitale

Articolo Precedente

Coronavirus, un mese di emergenza. “Le nostre vite in pausa da quel 21 febbraio: ma soltanto dopo abbiamo capito la gravità della situazione. Per questo vi dico: state a casa. Non è finita per noi, né per voi”

next
Articolo Successivo

Sono le Venti (Nove), il coronavirus mette alla prova la rete. Peter Gomez: “La banda larga per tutti deve diventare diritto costituzionale”

next