Un paio di settimane fa, esattamente il 6 marzo 2020, un’importante società scientifica, la Siaarti – che riunisce tutto il personale di area critica, quindi soprattutto anestesisti rianimatori – ha reso pubblico un documento con il quale si definivano i criteri per ammettere alle cure i malati di coronavirus “in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili”.

In questo documento al punto 3 si leggeva quanto segue: “Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone”.

Il punto 3 cambia la regola generale: per accedere alle cure contro il coronavirus, il criterio costituzionale del diritto è sostituito con quello utilitarista, chi ha più anni da vivere passa davanti.

L’uso del criterio dell’età equivale al gioco della torre ed è la conseguenza di un semplice ragionamento razionale, chi ha più speranza di vita resta su chi ne ha meno viene buttato di sotto. Il darwinismo sociale, quello che sulla base della selezione naturale sostiene che sopravvive solo il più forte, si basa su criteri analoghi.

Il criterio dell’età per quanto in una situazione di emergenza appaia apparentemente logico (la regola del naufragio prima i bambini, ecc) può essere pericoloso, produrre discriminazioni, non essere davvero logico come si pensa, dal momento che l’età ha a che fare con una variabilità biografica immensa; il criterio è perfino poco scientifico perché l’età, pur essendo in medicina un indicatore importante, non sempre rileva la complessità. I geriatri, ad esempio, ritengono che il criterio dell’età sia una semplificazione inaccettabile.

A questo documento come era prevedibile è seguita da subito un’accesa discussione, ancora in corso, che in qualche modo ho contribuito a scatenare con una serie di articoli, e che ha lambito i media ma che è stata in qualche modo messa a tacere prima di tutto dagli stessi autori del documento. Mi ha colpito che una sera Lilli Gruber, intervistando Flavia Petrini, presidente della Siaarti, le abbia chiesto di questo benedetto punto tre e che la professoressa, autrice tra l’altro del documento in quanto componente del gruppo di lavoro, abbia glissato del tutto senza rispondere.

Personalmente ho preso le distanze dal documento Siaarti, prima di tutto per ragioni di opportunità: non mi sembrava il caso di creare nella gente già angosciata di suo ancor più angoscia informandola che, se non ci fossero state le risorse, gli anestesisti avrebbero deciso chi salvare e chi no sulla base di certi criteri; inoltre sono convinto che le decisioni non cliniche che riguardano la vita e la morte delle persone non possano essere prese dagli anestesisti ma dalla politica perché devono rispettare la Costituzione.

Un conto è la cura delle malattie sulla quale i medici devono essere sovrani, un conto è la distribuzione nella società delle opportunità di cura che rientrano nel discorso della giustizia

In fin dei conti per fare quello che dice la Siaarti si tratta “solo” di sospendere l’articolo 32 della Costituzione. Ma non è possibile che a sospendere la Carta sia una società scientifica.

A ben vedere solo una cosa non mi convince del documento Siaarti: quando in una situazione di estrema ratio gli anestesisti fanno i medici, i giudici e i politici. Per me i ruoli vanno distinti: i medici facciano i medici, ci propongano sulla base delle loro evidenze tutti i criteri di cura che vogliono ma devono essere i politici a prendersi la responsabilità di dire che, a causa dell’emergenza del coronavirus, l’articolo 32 è sospeso per due mesi e i medici sono obbligati a selezionare l’accesso alle cure.

In queste ore la Regione Veneto, con la circolare numero 120693, datata 13 marzo 2020 [qui il documento], ha invitato ad applicare in “modo omogeneo” il documento Siaarti al fine di evitare “strategie assistenziali e decisionali difformi nel territorio della Regione”. La circolare anche essa è il prodotto di un gruppo di lavoro composto da tecnici, è firmata da Domenico Mantoan, direttore generale dell’area sanitaria e sociale della regione Veneto, ed è stata mandata per conoscenza al presidente Zaia e all’assessore alla sanità Lanzarin, per cui è possibile che non sia stata neanche concordata.

Se così fosse, io dico subito che senza negare la possibilità dell’estrema ratio di definire dei criteri per l’accesso alle cure e sentendo in cuor mio la massima ammirazione e gratitudine per quello che stanno facendo gli anestesisti negli ospedali, non ci sto che siano proprio gli anestesisti a decidere della vita e della morte delle persone surrogando le responsabilità della politica.

A questo punto vorrei sapere cosa ne pensa il governatore Luca Zaia, se ha concordato questa eccezionale misura con il presidente Giuseppe Conte e se il presidente intende avallare questa circolare. Se sì, vengano in televisione a dirci chiaramente che non sarà il bisogno del malato ma il criterio dell’età a decidere quali malati di coronavirus accederanno alle cure e quali no. Ma si ricordino che gli anziani nel nostro paese sono tanti e in genere sono i primi a recarsi alle urne a votare.

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