Le batterie al litio attuali non sono la soluzione tecnologica migliore. Tra i tanti limiti vanno sicuramente annoverati i costi, perché il litio è raro. Ora però un gruppo di ricercatori del Rensselaer Polytechnic Institute di New York potrebbe aver trovato un’alternativa più che valida: il potassio. Generosamente disponibile in natura, è in grado di assicurare grossomodo le prestazioni attuali, ma a una frazione dei costi. Una soluzione perfetta per spingere il mercato delle auto elettriche in attesa di batterie più evolute.

A frenare l’impiego del potassio, fino ad ora, è un problema noto più o meno in tutte le batterie: la formazione dei dendriti, accumuli metallici “spinosi” e ramificati, che si formano nel tempo sull’anodo, man mano che la batteria viene caricata e scaricata più e più volte. Alla fine questi accumuli possono arrivare a bucare la membrana sottile che separa i due elettrodi, portando al cortocircuito, responsabile a sua volta di un accumulo di calore che riduce durata ed efficienza della batteria e che occasionalmente può anche provocare incendi.

Foto: Depositphotos
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A quanto pare però i ricercatori sono riusciti a mettere a punto una tecnica di auto-guarigione per le batterie al potassio, in grado di pulire questi dendriti dall’anodo mentre si carica la batteria, impedendogli così di crescere fino a diventare un problema. Questo, secondo gli scienziati, dovrebbe consentire in breve tempo di portare questo tipo di batterie sul mercato di massa a prezzi bassissimi.

La tecnica consiste nel realizzare una serie di cicli di carica e scarica ad alta velocità. In questo modo, in circostanze controllate, i ricercatori affermano di poter controllare con precisione il calore della batteria, elevandolo al punto in cui il potassio non si scioglie, ma attiva la diffusione della superficie, che torna così levigata, eliminando ogni eventuale asperità.

“Con questo approccio, l’idea è che di notte o ogni volta che non si utilizza la batteria, un sistema di gestione della batteria applicherebbe questo ciclo di auto-guarigione alla batteria”, ha spiegato Nikhil Koratkar, docente di ingegneria meccanica, aerospaziale e nucleare presso Rensselaer e principale autore della ricerca.

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