Non sono un esperto di questioni sanitarie né di virologia; e mi scuso in anticipo per l’intrusione. Una certa competenza in materia statistica, soprattutto sugli eventi estremi e sul rischio di disastri naturali, mi rende curioso, oltre che fortemente preoccupato come tutti noi.

Sopraffatto dalla tentazione di curiosare, ho così esplorato qualche frammento della letteratura scientifica che, in una ventina di giorni, ha già offerto una valanga di contributi, molti dei quali tuttora in fase di revisione e, perciò, non ancora accreditati. E, mosso dalla voglia di capire come prevedere ragionevolmente l’evoluzione del fenomeno, inizio a condividere ciò che ho capito (e non ho capito) con chi legge e commenta questo post, sapendone certo assai più di me.

Alcuni dei modelli matematici sviluppati in epidemiologia non sono molto diversi da quelli usati in ecologia, idrologia, climatologia; perfino nel gioco di borsa o al casinò. Un indice molto semplice che descrive la diffusione di una infezione è il numero di persone che una persona affetta dal virus tende a infettare, il Tasso Netto di Riproduzione Rzero. Se inferiore a 1, l’infezione sul lungo termine si estinguerà, mentre un valore di Rzero superiore a 1 indica che saranno necessarie contromisure, come la quarantena, per contenerne la diffusione.

Secondo la Organizzazione Mondiale della Sanità il Covid-19 si diffonde con un valore di Rzero compreso tra 1,4 e 2,5. Altri ricercatori suggeriscono valori più elevati, fino a 3,1 (con una forchetta compresa tra 2,4 e 4,1). In ogni caso, si tratta di un indice abbastanza grossolano, ma semplice e facile da monitorare con continuità, soprattutto per valutare le misure di prevenzione che sono state prese e quelle che si potranno mettere in atto, come dimostrano gli ultimi lavori pubblicati in base ai dati disponibili fino al 7 febbraio 2020.

Sono stime simili a quelle fatte durante le prime fasi (2002/2003) della diffusione della Sars, la Sindrome respiratoria acuta grave, e al nuovo ceppo dell’influenza H1N1, all’origine della pandemia del 2009. E valori più alti di quelli stimati durante l’epidemia della Mers, la Sindrome respiratoria mediorientale, un coronavirus simile alla Sars. Tutti i ricercatori, però, avvertono che le stime di Rzero presentano forti incertezze – sia per le lacune nei dati, sia per la debolezza delle ipotesi adottate – e sottolineano come Rzero sia un indice mobile, le cui stime cambiano nel corso di una epidemia, in risposta alle misure di controllo. Un numero da aggiornare con attenzione per valutare l’efficacia e l’efficienza di tali misure.

Soltanto pochi articoli, tra quelli già disponibili in rete, affrontano una questione non meno importante. Se una epidemia si diffonde all’interno di una città, come risponde il fenomeno a eventuali misure di controllo della mobilità urbana? In proposito, trovo interessante uno studio, del tutto teorico, condotto a Yerevan, la capitale dell’Armenia, città con poco più di un milione di abitanti. Il modello adottato, molto semplice e noto in letteratura da quasi un secolo, è stato adattato a un contesto spazio-temporale e implementato su una griglia di 250 metri di lato.

Le simulazioni suggeriscono come misure drastiche per ridurre temporaneamente la mobilità urbana (dall’aumentare la percentuale dei viaggi in auto privata per ridurre le possibilità di infezione durante il viaggio, al coprifuoco) abbiano un impatto decisivo nel limitare la diffusione della infezione, riducendo la quota degli individui colpiti e la rapidità con cui l’infezione si propaga. Altrettanto efficace, se non più, si dimostra anche il blocco di ogni flusso da e per i principali poli di attrazione, identificati dalla statistica dei flussi che li raggiungono (grandi centri commerciali, edifici istituzionali, centri di servizio…).

Questo studio, affatto rudimentale dal punto di vista epidemiologico, mostra quanto sia importante la rete della mobilità nella dinamica di un focolaio urbano. Densità e mobilità della popolazione sono entrambe in rapida crescita; e la mobilità sostenibile è un obiettivo virtuoso che, per contro, espone la città ai “cigni neri” e ne può addirittura accrescere la vulnerabilità.

Le città intelligenti e sostenibili non saranno tali se non sapranno sviluppare capacità e meccanismi appropriati, efficaci ed efficienti di gestione delle crisi. Per esempio, adottare regimi di quarantena in luoghi chiave o misure draconiane per frenare o reindirizzare la mobilità possono risultare determinanti durante una crisi sanitaria. Ma va pianificato come, quanto e quando. Tuttavia, non possiamo eludere un’altra, importante domanda: come si possono attuare tali misure riducendo al minimo le perdite economiche, gli impatti sociali, i danni psicologici?

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