Il parcheggio dell’indagato per mafia era l’unica possibilità per i visitatori del parco archeologico di Segesta, a Calatafimi, di lasciare i propri mezzi vicino al sito d’interesse. Con la complicità di un ispettore della Polizia municipale, l’uomo aveva fatto chiudere un’altra area di sosta. E per chi parcheggiava lungo la carreggiata che porta al tempio la multa era garantita. Anche dopo che il nome di Francesco Isca, 60 anni, era comparso nelle indagini sul re dell’eolico Vito Nicastri che inguaiarono anche l’allora sottosegretario leghista Armando Siri. Nonostante ciò, l’attività dell’ispettore Salvatore Craparotta, 64 anni, vicecomandante della polizia locale di Calatafimi, andò avanti. Il tutto in cambio dell’assunzione dei propri familiari nel tour operator di Isca. “Fino a due anni fa non lavoravano né loro né altri, ora ci sono venti ragazzi che lavorano”, diceva l’ex vicecomandante intercettato dai militari dell’Arma.

Da stamattina entrambi sono agli arresti domiciliari su disposizione del gip Piero Grillo. Isca e Craparotta sono accusati di corruzione continuata in concorso, ma l’indagine condotta dalla Procura di Trapani e dai Carabinieri riguarda anche altre cinque persone – tra cui l’ex sindaco Vito Sciortino – indagate per favoreggiamento, abuso d’ufficio, omissione d’atti d’ufficio e falso in atto pubblico.

I pm (procuratore capo Alfredo Morvillo, aggiunto Maurizio Agnello, sostituti Francesca Urbani e Brunella Sardoni) avevano chiesto anche l’arresto dell’ex primo cittadino, ma il gip ha respinto spiegando che non esiste più il rischio di reiterazione del reato avendo abbandonato da tempo la carica. Sciortino è indagato per abuso d’ufficio e falsità materiale perché, prima che il parco diventasse ente autonomo, dispose la chiusura di un’altro parcheggio, favorendo quello di Isca. Con lui sono indagati anche l’ex comandante della Polizia Municipale, Giorgio Collura, e due ispettori di polizia che parteciparono alle attività illecite su richiesta dei superiori: Leonardo e Vito Accardo.

Secondo i pm l’impresa di Isca ha monopolizzato l’intero flusso di visitatori del parco archeologico, che solo nel 2018 ha fatto registrare 350mila presenze, con un tariffario di 5 euro per le auto e trenta per i bus. Conosciuto nell’entroterra, Isca è cognato del boss di Vita, Salvatore Crimi, tutt’ora sotto processo al tribunale di Marsala. Su di lui indagano i pm della Dda di Palermo che hanno “accertato che alcuni progetti imprenditoriali di Nicastri lo hanno visto come partecipe occulto”. Il riferimento è a una serie di parchi eolici sparsi nel trapanese. Quest’estate alcuni turisti in arrivo all’uscita autostradale di Segesta trovarono proprio Isca a fare da “buttadentro”, a indicare il suo parcheggio con tanto di cartello che lo indicava come quello “legale”. Le immagini finirono pure sui social, attirando l’attenzione dei Carabinieri.

L’indagine ha avuto inizio in seguito alla denuncia di un imprenditore, Antonio Craparotta (nessuna parentela, ndr), costretto a chiudere il suo parcheggio dopo il lungo iter avviato dal vicecomandante della Municipale. Nel suo interrogatorio ha ricostruito le conoscenze e gli affari di Isca, facendo il nome di Nicastri, ma anche quello di Giovanni Filardo, cognato del latitante Matteo Messina Denaro. Raccontando anche delle angherie subite dal vigile urbano, accusato anche di aver messo a disposizione i mezzi in uso alla Polizia municipale. In cambio la moglie, due figli e il genero del vicecomandante trovarono lavoro nella Segesta Green Tour dell’imprenditore. L’intreccio è venuto a galla lo scorso aprile, quando durante la campagna elettorale l’allora candidato Nicolò Cristaldi (ex presidente della assemblea regionale ed ex sindaco di Calatafimi) ha ricostruito pubblicamente la vicenda, riferendo di Isca senza mai formalizzare una denuncia.

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